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In startup we trust

Creato il 30 novembre 2012 da Propostalavoro @propostalavoro

In startup we trust"Con il termine startup si identifica l'operazione e il periodo durante il quale si avvia un'impresa. Nello startup possono avvenire operazioni di acquisizione delle risorse tecniche correnti, di definizione delle gerarchie e dei metodi di produzione, di ricerca di personale, ma anche studi di mercato", dice Wikipedia. Insomma, la startup è l'embrione di un'azienda e, ovviamente, più startup = più aziende = più lavoro. Peccato che questa semplicissima equazione non sia chiara a chi di dovere.

Non è chiaro, soprattutto, alla nostra classe politica che, solo le scorse settimane ha dato vita all'Agenda Digitale, organismo (nato a marzo di quest'anno, ma operativo solo da ottobre) che ha il compito di traghettare il Paese verso lo sviluppo digitale ed informatico: informatizzazione della Pubblica Amministrazione, sviluppo delle infrastrutture digitali, riduzione del divario digitale con il resto d'Europa e lotta all'analfabetismo informatico sono i suoi obiettivi. Ma ce n'è un altro importantissimo, in cui l'Italia è sempre stata colpevolmente in ritardo, rispetto agli altri Paesi industrializzati, le startup: è, infatti, la prima volta che la politica si rende conto che, se si vuole uscire dalla crisi, bisogna insistere su innovazione e sostegno alle nuove imprese digitali. Grazie al decreto sviluppo del ministro Passera, vengono definite giuridicamente cosa sono le startup (aziende con meno di 4 anni di vita, fatturato inferiore ai 5 milioni €, almeno il 30% del capitale investito in ricerca e sviluppo, essere proprietarie di almeno un brevetto, avere almeno un terzo di dipendenti laureati, dottorandi o provenienti dal settore della ricerca), si introducono agevolazioni fiscali (iscrizione gratuita al Registro delle Imprese, corposa detassazione per investimenti provenienti da venture capitalist, singoli individui o imprese), burocratiche (meno vincoli nella stipula e nel rinnovo di contratti a tempo determinato, meno stringenti e punitive le leggi in caso di fallimento) e di accesso al credito (il Ministero dello Sviluppo Economico garantisce accesso facilitato e gratuito al Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese, che offre garanzie pubbliche per i finanziamenti bancari).

Altro elemento interessante è la valorizzazione dei cosiddetti incubatori e acceleratori di startup, cioè di siti di crowdfunding e/o crowdsourcing e di veri e propri luoghi fisici di coworking, in cui gli startupper possono incontrarsi, avere un posto dove lavorare e condividere idee, incontrare coach, consulenti e possibili finanziatori. Talent Garden a Bergamo, Brescia, Milano e altre città del Nord, iStarter a Torino e Xone di Vodafone sono solo alcuni esempi. Sicuramente, non tutte le startup avranno la forza per emergere e trasformarsi in vere e proprie aziende, che producono posti di lavoro, ricchezza e sviluppo, ma la strada è stata aperta e vedremo se i futuri governi avranno l'intelligenza per proseguire o le abbandoneranno a se stesse alla prima difficoltà.

Forse, finalmente, ci si è resi conto di quanto sia necessario investire nello sviluppo della rete e delle nuove aziende digitali (quanti posti di lavoro in più ci sarebbero, se aziende come Google o Facebook fossero nate nel nostro Paese?), creando il terreno fertile per i nostri giovani startupper, proprio qui in Italia, anzichè lasciarli fuggire verso la Silicon Valley senza far nulla per trattenerli.


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