In (strenua) difesa di Checco Zalone
Creato il 04 dicembre 2013 da Consolata
@consolanza
Normalmente evito di esprimere pareri troppo personali su questioni che esulano dal campo dei libri (non della letteratura, troppa grazia) o dell'uso delle parole, non per pusillanimità ma perché penso che non gliene freghi niente a nessuno. Però stamattina ho visto un'esternazione di Philippe Daverio (personaggio di cui ho sempre sentito dire solo un gran bene, ma che non conosco direttamente in quanto dalla televisione non pretendo cultura ma solo svago e cazzate) così concepita "Berlusconi e Zalone, simboli del ventennio trash" in cui con notevolissima spocchia e un evidente desiderio di épater le bourgeois liquida in un minuto e cinquanta Dan Brown, la democrazia, Hitler e in pratica cinquanta milioni di persone (i lettori di Dan Brown, da lui definiti analfabeti). Bontà sua. Comunque, dica quello che gli pare che la cosa mi è del tutto indifferente. Invece voglio spezzare molte lance in favore di Checco Zalone, ignoto ai più fino a qualche anno fa e ora diventato così famoso tra rustici e villici che persino gli intellettuali ne hanno sentito parlare. E quindi possono storcere il naso con ribrezzo ogni volta che viene nominato, sentendosi politicamente corretti e culturalmente puri. Diciamo pure che il povero Checco è diventato un modo veloce per sentirsi furbi, come Dan Brown lo è per Daverio. E qui mi inalbero. Non dico niente dei suoi film, ho visto solo il primo e non mi ha detto granché, edulcorato e buonista, con preti e oratori, qualche momento esilarante e molto assolutamente insipido. Ma Checco io lo seguo da quando ancora si chiamava Luca Medici e faceva il cantante neomelodico: svettava di qualche metro al di sopra della massa ripetitiva dei comici che si guardano con un occhio solo. Meglio ancora poi quando, diventato Checco Zalone, faceva la parodia di cantanti famosi come Carmen Consoli o fantastici duetti come questo con Vanessa Incontrada. Sboccato, maestro di doppi sensi scivolosi, scorretto, abilissimo nel surfare fino alla cresta della porconata e scivolare giù dall'altra parte, ottimo pianista e cantante, ironicissimo: ecco come mi piace Checco Zalone. Mi fa ridere, non solo sorridere. Mi mette di straottimo umore (come I soliti idioti, altra mia passione comica molto più estremi nel parolacciare e spararle grosse). Certo, se vi piace solo l'humour britannico, evitate. Se volete solo satira politica, anche. Io per esempio non ne posso più che siano i comici a commentare la situazione politica e a darmi la linea. Il pur bravissimo Crozza non lo guardo mai perché so già quello che dirà, oltre a essere troppo ammiccante e narciso, e perché mi fa senso che vent'anni di esercizio continuo della risata per non tagliarci le vene dalla disperazione ci abbiano abituati a sghignazzare su tutto, all'imitazione continua del politico che ne amplifica fama e impunità, a sentirci in pace con la coscienza e virtuosamente di sinistra se conosciamo a memoria le vignette dell'Espresso, così possiamo continuare a accettare tutto. Lasciatemi Checco e lasciatelo stare. E' bravissimo nel suo campo anche se non si atteggia a fustigatore di costumi e moralista. Di comici che si prendono sul serio e fanno i moralisti ne abbiamo fin troppi. E gli intellettuali che lo guardano con infastidito sgomento, come un segno dei tempi bui, farebbero meglio a ascoltare le sue canzoni (non mi spingo certo a dire di guardare i suoi film, non mi sembra proprio un grande attore e non mi pare che sia diretto da grandi registi, oltre a non avere bisogno della mia pubblicità per attirare pubblico) e farsi due risate, ricordando che la storia del miliardo di mosche nella sua semplicità nasconde una grande verità, su cui non fa male almeno documentarsi.
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