La Moldova, ex repubblica sovietica e oggi Stato indipendente incuneato tra Romania e Ucraina, vive un’identità culturale incerta tra la lingua romena, quella russa e quella gagauza, idioma di ceppo turco parlato in alcuni territori autonomi del centro del Paese.
In questi giorni è emersa all’attenzione dei media la questione delle società che gestiscono i taxi della capitale moldava, Chisinau: risulta che, per chi non parla russo, ordinare una corsa di taxi sia molto difficile, se non impossibile. La quasi totalità delle aziende che controllano il servizio delle auto pubbliche, infatti, è in mano a persone di etnia russa, che assumono personale russofono. Una cittadina lamentava, qualche giorno fa, di aver dovuto attendere mezz’ora al telefono, prima di riuscire a parlare con un operatore di lingua romena. Il quotidiano “Jurnal de Chisinau” ha così lanciato la campagna “Chiama il taxi in romeno”.
La questione non ha solo riflessi pratici o di costume. E’ uno degli indici della difficoltà della Moldova a ritrovare una propria identità dopo la caduta dell’Unione Sovietica. Tipico territorio di frontiera, nella sua lunga storia la Moldova ha cambiato più volte padrone, passando ripetutamente dall’integrazione con la Romania alla dominazione dell’impero russo e poi dell’Unione Sovietica.
La lingua russa è oggi maggioritaria nella regione orientale della Transnistria. La minoranza russofona (che secondo il censimento del 2004 costituisce il 5,9% della popolazione totale) intrattiene con il resto del Paese relazioni non facili, non essendo ben disposta a perdere i privilegi dei quali godeva durante il periodo sovietico. Pochi mesi fa, anche con la minoranza gagauza era sorta una controversia linguistica, poiché le scuole locali avevano emesso diplomi esclusivamente in lingua gagauza, senza traduzione in romeno.
Sia in Romania sia in Moldova vi sono forti correnti di pensiero favorevoli a una riunificazione dei due Stati, resa difficile però anche dalla particolare composizione etnico-linguistica della Moldova. Durante la dominazione sovietica, in Moldova si utilizzava la lingua romena, scritta però in caratteri cirillici e definita “lingua moldava”. Come in tutti gli altri territori sovietici non russi, però, la lingua dominante e per tutti obbligatoria restava il russo. Con la dichiarazione d’indipendenza del 1991, affermare il primato del romeno (definito ancora “moldavo” ma scritto da allora in poi in caratteri latini) fu un modo per sancire la riappropriazione della storia e dell’autonomia culturale moldave.
La Costituzione della Repubblica di Moldova afferma che la “lingua di Stato” è la “lingua moldava” (di fatto, il romeno), precisando non per nulla che essa si basa “sui caratteri latini”. Lo Stato non attribuisce alcuna ufficialità al russo, anche se riconosce il “diritto alla conservazione, allo sviluppo e alla pratica della lingua russa e delle altre lingue parlate nel territorio del Paese”. In uno Stato di recente fondazione e attraversato da profondi conflitti sociali, dovuti anche alla precaria condizione economica attuale, la questione linguistica è spia di contrasti storici assai più profondi. | ©2011 Luca Lovisolo [>originale in lingua tedesca]