di Brigida Stagno. Per tagliare le spese in tempo di crisi economica ed evitare sprechi si mettono spesso in tavola cibi scaduti: secondo un sondaggio condotto online da Coldiretti, nel 2013 sei italiani su dieci (59%) hanno mangiato alimenti oltre la data di scadenza, il 34% fino ad una settimana dopo e il 15% addirittura oltre un mese. Ma quali sono le conseguenze? E quali i rischi per la salute? “La data di scadenza indica il termine entro il quale l'alimento può essere consumato, sempre che sia mantenuto nelle corrette condizioni di conservazione, in particolare la giusta temperatura. - spiega Rolando Manfredini, Responsabile Sicurezza Alimentare e Qualità di Coldiretti “Viene prevista per tutti gli alimenti molto deperibili (come latte fresco, yogurt, latticini e pasta freschi, cibi preconfezionati, carne e pesce): per questi prodotti superare il termine di scadenza, indicato con la dicitura perentoria “consumare entro”, seguito dal giorno e dal mese, può anche comportare rischi per la salute, dovuti alla proliferazione di batteri e muffe. La data di scadenza rappresenta anche il termine oltre il quale un alimento non può più essere venduto. Per esempio, il latte fresco pastorizzato ha una scadenza di 6 giorni dal trattamento termico e per motivi igienico sanitari non deve essere consumato oltre questa data”. Diverso è il discorso per il “Termine Minimo di Conservazione” (TMC), indicato sulla confezione con la dicitura "da consumarsi preferibilmente entro”, che può essere superato anche di alcuni mesi. “In questo caso infatti – continua Manfredini- gli alimenti resistono di più all'invecchiamento e mantengono la loro commestibilità oltre il termine previsto ( pasta, riso, biscotti secchi, conserve, alimenti in scatola, bibite, olio), ma vanno progressivamente incontro a un decadimento delle caratteristiche organolettiche (cioè gusto, aroma, colore, friabilità, profumo) e delle proprietà nutrizionali (contenuto di vitamine, antiossidanti e minerali). L'olio extravergine di oliva, per esempio, andrebbe consumato entro 12-18 mesi, ma con il passare del tempo va incontro a processi di ossidazione, che provocano la degradazione di costituenti ad elevato valore nutrizionale, l'aumento dell'acidità e l'irrancidimento. In ogni caso, data di scadenza a parte, qualsiasi alimento che presenti variazioni di colore, consistenza, odore, sapore non deve essere consumato. Lo stesso vale per confezioni che arrugginite, bombate o gonfie.” I rischi per la salute? Le alterazioni microbiologiche a cui va incontro l'alimento dopo la scadenza sono dovute allo sviluppo di microorganismi. Se il cibo è scaduto, le conseguenze possono essere anche molto gravi, come avvenne qualche anno fa a causa del botulino in una partita di mascarpone fornita ad alcuni supermercati e conservata male. I microorganismi in gioco (salmonella, stafilococco aureo, clostridium perfrigens) possono determinare intossicazioni o tossinfezioni alimentari, a seconda che producano o meno una tossina, che si manifestano con disturbi gastrointestinali, come dolori addominali, nausea, vomito, diarrea, disidratazione, in alcuni casi febbre: in genere con la terapia giusta le gastroenteriti si risolvono nel giro di alcuni giorni, ma nelle persone più deboli (come gli anziani o i bambini molto piccoli) possono creare maggiori problemi. E' comunque importante identificare l'alimento colpevole e rivolgersi sempre al medico curante. Nel caso del botulino, la tossina prodotta si può ritrovare in diversi alimenti, ma soprattutto nella carne e pesce in scatola, nei salumi, nelle conserve (soprattutto quelle casalinghe) e nei vegetali conservati sott'olio. La sua presenza nell'alimento viene sospettata in presenza di rigonfiamento del coperchio, a volte di alterazioni visibili (irrancidimento comparsa di muffe, rammollimento), ma il batterio può anche moltiplicarsi mantenendo quasi inalterate le caratteristiche esterne. Ma come ridurre gli sprechi? Basterebbe fare più attenzione quando si fa la spesa, comprando nei negozi giusti, preferendo la grande distribuzione dei supermercati , tenendo sempre d'occhio le promozioni e le "offerte del giorno", cercando canali di distribuzione alternativi, come quelli a filiera corta direttamente dal produttore, optando per le confezioni-famiglia, analizzando il prodotto, dall'etichetta nutrizionale fino alla data di scadenza. E ancora, è importante rispettare la catena del freddo utilizzando borse frigo per il trasporto della spesa a casa, evitare di lasciare gli alimenti al caldo, conservare correttamente i prodotti, riponendoli in modo razionale nei diversi scomparti del frigorifero.
Magazine Attualità
In tempo di crisi non si butta via nulla, neppure i cibi scaduti!
Creato il 19 febbraio 2014 da Freeskipper
di Brigida Stagno. Per tagliare le spese in tempo di crisi economica ed evitare sprechi si mettono spesso in tavola cibi scaduti: secondo un sondaggio condotto online da Coldiretti, nel 2013 sei italiani su dieci (59%) hanno mangiato alimenti oltre la data di scadenza, il 34% fino ad una settimana dopo e il 15% addirittura oltre un mese. Ma quali sono le conseguenze? E quali i rischi per la salute? “La data di scadenza indica il termine entro il quale l'alimento può essere consumato, sempre che sia mantenuto nelle corrette condizioni di conservazione, in particolare la giusta temperatura. - spiega Rolando Manfredini, Responsabile Sicurezza Alimentare e Qualità di Coldiretti “Viene prevista per tutti gli alimenti molto deperibili (come latte fresco, yogurt, latticini e pasta freschi, cibi preconfezionati, carne e pesce): per questi prodotti superare il termine di scadenza, indicato con la dicitura perentoria “consumare entro”, seguito dal giorno e dal mese, può anche comportare rischi per la salute, dovuti alla proliferazione di batteri e muffe. La data di scadenza rappresenta anche il termine oltre il quale un alimento non può più essere venduto. Per esempio, il latte fresco pastorizzato ha una scadenza di 6 giorni dal trattamento termico e per motivi igienico sanitari non deve essere consumato oltre questa data”. Diverso è il discorso per il “Termine Minimo di Conservazione” (TMC), indicato sulla confezione con la dicitura "da consumarsi preferibilmente entro”, che può essere superato anche di alcuni mesi. “In questo caso infatti – continua Manfredini- gli alimenti resistono di più all'invecchiamento e mantengono la loro commestibilità oltre il termine previsto ( pasta, riso, biscotti secchi, conserve, alimenti in scatola, bibite, olio), ma vanno progressivamente incontro a un decadimento delle caratteristiche organolettiche (cioè gusto, aroma, colore, friabilità, profumo) e delle proprietà nutrizionali (contenuto di vitamine, antiossidanti e minerali). L'olio extravergine di oliva, per esempio, andrebbe consumato entro 12-18 mesi, ma con il passare del tempo va incontro a processi di ossidazione, che provocano la degradazione di costituenti ad elevato valore nutrizionale, l'aumento dell'acidità e l'irrancidimento. In ogni caso, data di scadenza a parte, qualsiasi alimento che presenti variazioni di colore, consistenza, odore, sapore non deve essere consumato. Lo stesso vale per confezioni che arrugginite, bombate o gonfie.” I rischi per la salute? Le alterazioni microbiologiche a cui va incontro l'alimento dopo la scadenza sono dovute allo sviluppo di microorganismi. Se il cibo è scaduto, le conseguenze possono essere anche molto gravi, come avvenne qualche anno fa a causa del botulino in una partita di mascarpone fornita ad alcuni supermercati e conservata male. I microorganismi in gioco (salmonella, stafilococco aureo, clostridium perfrigens) possono determinare intossicazioni o tossinfezioni alimentari, a seconda che producano o meno una tossina, che si manifestano con disturbi gastrointestinali, come dolori addominali, nausea, vomito, diarrea, disidratazione, in alcuni casi febbre: in genere con la terapia giusta le gastroenteriti si risolvono nel giro di alcuni giorni, ma nelle persone più deboli (come gli anziani o i bambini molto piccoli) possono creare maggiori problemi. E' comunque importante identificare l'alimento colpevole e rivolgersi sempre al medico curante. Nel caso del botulino, la tossina prodotta si può ritrovare in diversi alimenti, ma soprattutto nella carne e pesce in scatola, nei salumi, nelle conserve (soprattutto quelle casalinghe) e nei vegetali conservati sott'olio. La sua presenza nell'alimento viene sospettata in presenza di rigonfiamento del coperchio, a volte di alterazioni visibili (irrancidimento comparsa di muffe, rammollimento), ma il batterio può anche moltiplicarsi mantenendo quasi inalterate le caratteristiche esterne. Ma come ridurre gli sprechi? Basterebbe fare più attenzione quando si fa la spesa, comprando nei negozi giusti, preferendo la grande distribuzione dei supermercati , tenendo sempre d'occhio le promozioni e le "offerte del giorno", cercando canali di distribuzione alternativi, come quelli a filiera corta direttamente dal produttore, optando per le confezioni-famiglia, analizzando il prodotto, dall'etichetta nutrizionale fino alla data di scadenza. E ancora, è importante rispettare la catena del freddo utilizzando borse frigo per il trasporto della spesa a casa, evitare di lasciare gli alimenti al caldo, conservare correttamente i prodotti, riponendoli in modo razionale nei diversi scomparti del frigorifero.
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