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Kieren Walker è un adolescente "quasi" come tanti altri.
Già perchè Kieren è affetto da quella che gli esperti hanno soprannominato Sindrome di Morte Parziale (PDS), guai però a chiamarlo Zombie! Le nuove regole imposte dal Governo Inglese proibiscono di utilizzare quel termine. Come la maggior parte degli altri affetti dal morbo, Kieran è stato curato nel centro medico di Norfolk ed è pronto ad essere restituito alla famiglia.
Ma la nuova condizione del ragazzo, aggiunta alle modalità della sua stessa morte ha finito per scavare un solco tra Kieran e i suoi familiari.
Come se non bastasse nel piccolo centro di Roarton non tutti sono disposti a dimenticare: ancora troppo forte è il ricordo delle stragi compiute dai "non morti" durante l'epidemia zombi.
A Roarton è ancora molto potente la HVF una formazione paramilitare che non può e non vuole cambiare pagina, spinta da un comandante fanatico e da un prete ancora più fanatico, i membri della HVF continuano a eliminare gli affetti dalla Sindrome compresi quelli ormai curati ed innocqui, la cosa peggiore è che è che la stessa sorella di Kieren fa parte di quel gruppo.
Kieren comincia così un difficile percorso di reinserimento mentre piano piano riaffiorano i ricordi degli omicidi da lui compiuti .
Accompagnati da profondi sensi di colpa.
In The Flesh comincia dove di solito termina la maggior parte dei film e delle serie sugli zombi.
Quindi possiamo considerarlo un po come se fosse il Day After del genere.
Stavolta il finale è stato positivo: nonostante le stragi, nonostante il caos, malgrado tutte le perdite l'umanità è ruiscita a resistere finché il Governo inglese ha trovato una cura per buona parte dei contagiati .
Dimentichiamoci Romero, quindi. O meglio accantoniamolo per un attimo.
Il Gore c'è ma rimane confinato nei flashback del protagonista.
Rimane però la critica sociale.Rimane la satira politica Rimangono le domande insolute su chi sia il mostro peggiore.
Gli zombi proposti in questa pregevole produzione inglesesono creature dolenti, quasi tragiche, divise tra chi come Kieren prova vergogna per gli omicidi compiuti prima di essere stato curato, chi invece come la sua amica Amy apprezza la condizione da "non morto" considerandosi esponente di una nuova e migliore razza.
E chi come il misterioso Profeta Zombie il cui vero volto non si vedrà mai si dimostra pronto dal suo sito web a soffiare sulle braci dell' insoddisfazione generale.
La breve serie (tre puntate da 56 minuti l'una ) diventa così l'occasione per avviare un ragionamento sulla tolleranza e sul razzismo, una metafora su cosa voglia dire normalità, sulle dinamiche interne a un piccolo paese, con tutti i suoi elementi canonici così uguali in ogni parte del mondo, ma anche sulla solitudine di colui che è "diverso dalla massa" perchè isolato dagli altri.
E Kieren è due volte "isolato" non solo perché è costretto tutti i giorni a prendere una medicina per impedirgli di tornare ad essere una belva affamata di carne umana, non solo perchè è obbligato a nascondersi dentro casa, a truccarsi e a usare lenti colorate per nascondere le iridi alterate. Kieren è, infatti anche "isolato" dal resto della comunità a causa di quello che era in vita e dei motivi della sua morte.
Motivi che rimarranno sottintesi fino alla fine della miniserie ma che per lo spettatore attento risulteranno chiaramente intuibili sin dal primo momento.
In The Fleshè anche il racconto di dinamiche familiari; esemplare è una delle prima scene, quella in cui la madre del protagonista piange dalla delusione nel ritrovarsi davanti al figlio truccato come una bambola nel momento in cui lo vanno a prelevare nel Centro di Norfolk.
Una scena semplice ma delicata, geniale nella sua stessa piccola umanità.
Stessa cosa la si può ritrovare negli atteggiamenti del padre di Kieren, nel suo discutere in maniera sempre più imbarazzata (ed imbarazzante ) del tempo atmosferico pur di non affrontare la questione della morte del figlio; e perfino nei momenti in cui l'intera famiglia finge di riunirsi a mangiare l'arrosto di agnello e lo Yorkshire Pudding come se niente fosse successo, come se niente fosse cambiato.
Perchè le cose peggiori, le verità che fanno più male, specialmente tra persone che si vogliono bene sono sempre quelle non dette.
Ed è questo, in fondo, il leit motiv sotterraneo di tutta la serie.
Le cose peggiori sono sempre quelle non dette.
O quelle che non vogliamo ammettere.
Ecco quindi che abbiamo i membri della HVF, ( Human Volunteer Force ) la squadra di volontari che durante la crisi ha praticamente salvato la popolazione di Roarton trasformarsi da eroici difensori a tragicomici bulletti non assolutamente in grado non solo di gestire ma nemmeno di comprendere il cambiamento di status, ecco quindi il loro stesso capo Bill Macey che vede tutto il suo mondo crollare col ritorno dall' Afghanistan del proprio figlio Rick anche lui completamente zombificato, lo stesso Rick pur di continuare a compiacere il padre fingerà di essere ancora un vivente in tutto e per tutto, non solo ma giungerà perfino a negare anche la vera natura del suo legame con Kieran.
Roarton, la piccola cittadina dove tutti abitano diventa il coacervo di tutte le contradizioni della nuova realtà, un luogo dove il tradimento ma anche la solidarietà possono arrivare da destinazioni inaspettate.
Ecco, per quanto possa sembrare strano è proprio in questo stravolgimento delle prospettive che possiamo trovare l'unico segno di continuità con le classiche storie di zombie: siamo portati a fare il tifo per Kieren e per gli altri ex cattivi, perchè quelli che sarebbero dovuti essere i buoni cioè i membri della HVF in realtà ci spaventano con la loro morale distorta, con la loro coscienza calcificata.
In The Flesh è il risultato dell'intuizione di un uomo Dominic Mitchell, un giovane sceneggiatore proveniente dal mondo del Teatro. E teatrali sono i tempi, teatrali sono le scene, teatrale è il tipo di recitazione richiesta agli interpreti, il tutto orchestrato sapientemente dalla regia classica e pulita di Johnny Campbell. I due hanno scelto assieme gli attori, privileggiando nelle loro scelte volti poco conosciuti ma di grande impatto emotivo. Azzeccata in particolare la scelta del giovanissimo Luke Newberry per il ruolo di Kieren. Newberry si dimostra immediatamente in parte, riuscendo a rendere bene il suo personaggio anche dosando bene ironia e malinconia nelle sue espressioni.
Buona anche la recitazione dell'ex musicista Steve Evets che gestisce bene il ruolo dell'ottuso e fanatico Macey.
Da segnalare anche la presenza di Ricky Tomlison in un piccolo ruolo ( il grasso vicino di casa a cui al termine della prima puntata Macey uccide la moglie affetta da PDS) . Tomlison in Inghilterra risulta più conosciuto come filantropo e come attivista politico ( prima per l'estrema Destra poi per l'estrema Sinistra: quando si dice la coerenza!) che come attore.
La miniserie è andata in onda su BBC Three nel marzo 2013, con esiti contrastanti , buoni gli ascolti della prima e dell'ultima puntata, deludenti quelli della seconda. Cosa più importante, la critica inizialmente perplessa nel ritrovarsi davanti ad un ulteriore show sui morti viventi ha in genere lodato l'alta qualità della serie.
Abbastanza per permettere la messa in cantiere di un seguito che dovrebbe verosimilmente arrivare questo stesso anno.
Riusciranno Mitchell; Campbell e Newberry a dire qualcosa di nuovo sulle vicende dei loro malati di PDS?
Spero di si.
Perché le cose peggiori sono sempre quelle non dette.
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