Magazine Cinema
(Liberamente tradotto da IMDB)
Ennesima rivisitazione sul tema dell'home invasion. Questa volta a trovarsi sotto assedio è una tranquilla, quasi perfetta, famiglia americana benestante. La famiglia Hudges è formata dai giovani genitori Mark e Mary e dal piccolo Brendan. I due sposi si trovano ad affrontare una grave crisi coniugale causata dalla recente morte della figlia. Per affrontare il loro dolore decidono di trascorrere del tempo nella baita di famiglia. Lì incontreranno la famiglia Wacoski, e a quel punto inizieranno tutti i problemi.
È chiaro fin da subito come il regista voglia spingere più sui rapporti personali che sulla malefatta vera e propria. Prima di cominciare ad entrare nel vivo infatti, ci vengono presentati con perizia sia i personaggi buoni che quelli cattivi. Il figliolo dei Wacoski è il personaggio più terrificante. Pur non essendo il protagonista vero della vicenda mette addosso un'angoscia nera. Niente a che vedere con il tipico bambino terribile (vedesi: bimbominkia), ma di una freddezza psicotica che lo rende una figura agghiacciante.
Gli attori seguono bene la loro parte ma la Blair è una spanna sopra gli altri; il cattivo Bob (James D'Arcy) merita solo fino a metà pellicola e poi cade in uno strano e incomprensibile torpore. Bravissimo il bimbominkia del caso; da scartare Joshua Close alias Mark (incredibilmente dico io, visto che è anche lo sceneggiatore!) e Rachel Miner, alias la pazza Jane. Il ruolo di Jane era proprio quello che necessitava di più spessore.
La lunga scena della cena è la parte più interessante della pellicola in cui i dialoghi partono sani e timidi per poi trasformarsi in vere e proprie intrusioni personali a senso unico. Il regista, Jeremy Power Regimbal, è molto bravo a far rientrare nelle varie inquadrature gli sguardi esterrefatti di Mary e Mark quando la discussione precipita in un grottesco processo.
Nello stesso filone cinematografico troviamo altri tre film interessantissimi: Cherry Tree Lane (Paul Andrew Williams, 2010), F (Johannes Roberts, 2010) e il mio adoratissimo Funny Games (Haneke, 2007). "In their skin" è molto vicino al film di Haneke e seppur non toccando gli stessi vertici di malvagità e qualità, raggiunge ottimi livelli di tensione e ci propone un punto di vista famiglia vs famiglia che non è da sottovalutare. Il gioco dell'invidia tra vicini e la conseguente malsana abitudine di emulare i "concorrenti" per manie di grandezza, qui viene portata all'estremo. In questo film, più che mania di grandezza, lo potremmo chiamare ricerca della perfezione. Peccato che sia a discapito degli Hudges.
Quello che manca in questa pellicola è il vero colpo di scena che arriva sì, ma smorzato da una sceneggiatura che traballa nella parte finale, in cui il padre cattivo Bob perde quella forza da psicopatico cult che si era guadagnato all'inizio. L'home invasion rimane un tema attuale scottante e sempre perturbante. In questo caso si deficita di vera cattiveria e nel finalino si cade in una specie di trattato sulla coppia in crisi. In molti punti la storia tende a precipitare nell'orrore più bieco, ma il massimo che si raggiunge è la morte di una comparsata a tre quarti del film. Non si osa più del dovuto, e questo è quel punto dolente che non lo fa entrare nell'olimpo del genere, come invece meritano gli altri film nominati sopra.
Film che per i più potrebbe causare una notte insonne; per quelli con più pelo sullo stomaco, una visione più che accettabile.
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