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"In una città atta agli eroi e ai suicidi" Giampiero Mughini

Creato il 21 febbraio 2012 da Spaceoddity

Giampiero Mughini, In una città atta agli eroi e ai suicidiChe cosa significa Trieste? Giampiero Mughini scrive un libro nel quale discute sul senso della frontiera giuliana, sulla vita di una regione incantevole e maledetta o, per dirla con le sue parole, In una città atta agli eroi e ai suicidi (Bompiani, 2011). E non ci si lasci ingannare dal sottotitolo, Trieste e il caso Svevo, il nostro autore della Coscienza di Zeno è soltanto il punto di partenza di un ragionare su quello che è un luogo dell'anima nazionale. Una città che ultimamente per me sta diventando meta sognata, discussa, scena dove immergermi, fuori dalle mie quinte. Non posso rispondere al perché di questo mio peregrinare in una zona a me quasi del tutto ignota (a parte una storia che non racconterò, ma non è di quello che si parla, no? non si parla di amori). Trieste, città letteraria, città di eroi e di martiri, ma città, in fin dei conti: fatta di mattoni, di piazze, di strade, di uomini che non sono tutti eroi e che hanno il diritto di essere uomini e donne.
Da lì, forse, dovrei partire io. E, chissà, anche Mughini, intento alla tessitura di un discorso colto, dal sapore tra l'antiquario intelligente e l'intellettuale indignato/impegnato. La Trieste che emerge da In una città atta agli eroi e ai sucidi è una città inabitabile, una città infestata dagli spettri di chi non se ne sarebbe mai separato, a costo della vita (o della morte). Sono il primo a procedere dal sogno, perché quella è la mia dimensione, alla realtà, tuttavia credo di aver sbagliato strada per arrivare proprio a Trieste. Il godibile libro di Mughini - nonostante una scrittura un po' affrettata e giudizi più che legittimi, ma un po' troppo sbrigativi nella formula sull'Italia e sulla vita - cita senza requie cose, persone e fatti che s'imprimono con orme debolissime nella memoria, subito sostituiti da nuovi fatti, persone, cose. Si dica pure che dovrei potenziare la mia conoscenza della storia e della cultura italiana: è verissimo; ciò non toglie che, quanto a contenuti, questo In una città atta agli eroi e ai suicidi non riesce a influire davvero sulla mia preparazione in merito, salvo fomentare la mia abituale onnivora curiosità.
È perciò indecente la lentezza con cui ho letto il libro di Giampiero Mughini: ho rischiato davvero di stancarmi e non arrivare alla genesi di In una città atta agli eroi e ai suicidi. Svevo, che a un certo punto fa capolino meno dei suicidi (e delle belle, biondissime triestine), finalmente riappare quando Mughini parla della folgorazione avuta nel confronto tra l'edizione Vram di Senilità nel 1898 e quella Morreale del 1927, difendendo a spada tratta la prima. (E, mi sembra, a dispetto delle cautele e dei correttivi, Senilità rispetto agli altri due romanzi; ma qui sono partigiano e porto acqua al mio mulino, giacché pochi romanzi hanno avuto sulla mia carriera di lettore l'influenza di questo secondo romanzo sveviano. Del resto Massimo Mila, mi pare, scriveva che non si può eleggere impunemente la propria opera preferita di Mozart/Da Ponte, ché tanto è sempre l'ultima ascoltata: amo infrangere anche questa regola e dire chiaro e tondo che per me non c'è confronto tra il Don Giovanni e qualunque altra cosa abbia mai sentito in vita mia).
Giampiero Mughini, In una città atta agli eroi e ai suicidiIn una città atta agli eroi e ai suicidi. Trieste e il caso Svevo ha un tono orale che si sottrae a ogni accademismo e di ciò gli va reso merito incondizionato. Tuttavia la sintassi, nella sua indifferenza alla compiutezza e alla simmetria ciceroniana, tanto cara anche a classicisti bastardissimi come io sono, è per lo meno spericolata. E, insomma, non so più se, a mettere sulla bilancia scintille di interesse o principi di orticaria, vincano prima le une o gli altri. Sono certo, per quel po' che ho visto Mughini in televisione, che non me ne vorrà affatto se gli addebito questi più che non gli accrediti quelle. Lettura per bibliofili disinvolti (ma non disinibiti), con ampia dimestichezza di cose, umori e persone, In una città atta agli eroi e ai suicidi potrebbe sfondare qualche reticenza letteraria, oggi pressoché inesistente, ma non può far nulla contro i pregiudizi ideologici. E chi se ne frega: onore al merito di chi riconosce nei romanzi di Svevo dei capisaldi della nostra cultura moderna.


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