Magari è proprio questo che Vincent avrebbe voluto: essere ricordato per i girasoli, lui che per tutta la vita amò i fiori. Il suo cuore, che non traboccò mai di gioia, si allargava appena li vedeva in un vaso o per i campi. Quando litigò e abbandonò la casa dei suoi genitori, pensò subito a procurarsi bulbi di narcisi, giacinti e crochi per la nuova abitazione a L'Aia, per i cui arredi certo poteva permettersi assai poco. E forse anche questo era un modo di coltivare la nostalgia e rimpiangere i giorni in cui si riempiva gli occhi delle margherite e delle violette della sua terra, la campagna del Brabante.
I girasoli, dunque. Questo fiore americano che solo nel sedicesimo secolo arriva in Europa. All'inizio accolto nei giardini della migliore aristocrazia, ma solo per poco, perché questo è un fiore rustico, che sa provvedere a se stesso. Buono per ogni suolo e per i davanzali di chi non può permettersi giardinieri.
Però che c'entrano i girasoli con l'Olanda? Perché i girasoli e non i tulipani?
Sono la mia Toscana, i girasoli. Sono gli invitati d'onore al gran ballo delle sfumature e dei profumi del Mediterraneo. E anche per Van Gogh, cosa possono essere se non l'esplosione dell'estate, i lampi di giallo nei campi di Arles?
Però che bello, che nella sua vita a un certo punto ci sia stato tutto questo. I fiori, l'arte, il dilagare dei colori.
In tutto questo c'è un insegnamento che in qualche modo vorrei trasmettere a Ernesto. Magari più tardi, quando libereremo le nostre biciclette dalla rastrelliera e ripartiremo per l'Holland, sul finire di questa giornata. Chissà se troverò le risposte giuste.
Non ora, con Ernesto fisso a studiare un quadro. Immobile, sembra trattenere il respiro: una posa troppo adulta, ancora una volta.
Non voglio disturbarlo, ora. Spero solo che tutta questa bellezza sia un passaporto per il suo futuro.
Domanda, allora. Domanda del giorno e non solo di questo giorno: troverà anche lui i suoi girasoli?
(da Paolo Ciampi, L'Olanda è un fiore, Ediciclo)