Magazine Diario personale

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Creato il 30 giugno 2013 da Povna @povna

Gli orali procedono a ritmo serrato, cinque al giorno. La commissione si prende le misure, identifica e registra idiosincrasie e caratteri; piano piano qualche angolo si smussa (è il compito del presidente). Perché tutto il resto conta comunque niente – la ‘povna lo ha già detto – di fronte ai candidati.
Loro, intanto, si susseguono veloci, ciascuno con il suo stile da ‘primo esame importante’: qualche camicia stirata (portata col disagio dei vent’anni), qualche maglietta bella; pantaloni lunghi e scarpe serie.
La ‘povna li accoglie, prova a metterli a loro agio, talvolta li fa pure ridere. Ma loro restano lì, davanti al plotone di esecuzione, muti e immobili. Perché quando un consiglio di classe regala al 52% dei suoi alunni l’ammissione a maggioranza poi, vada come vada, qualcosa ha comunque tolto: e cioè la soddisfazione di godersi l’esame di stato senza la testa bassa (a chiedere clemenza), come una vera prova. Così continua anche quell’altro fenomeno, che lascia la ‘povna sempre attonita: vale a dire (con la sola eccezione di Disinvolto e Onesto, i due candidati che andranno comunque sul 90), nessuno dei compagni è ammesso come pubblico. La ‘povna, caparbia, ci prova tutte le volte, ma la risposta è sempre quella: “Si agitano, non sono bravi, non vogliono. Si vergognano a farsi vedere andare male”. Che poi, “male”, non è sempre che vadano. Perché ben indirizzati alcuni orientano il discorso. Ma gli occhi sono lì, sempre parecchio lucidi. Paralizzante è, troppo spesso, la loro paura di sbagliare.
Primo giorno, secondo, terzo: il copione è sempre quello. Capita così, all’alba del quarto giorno (difficile, e assai tosto) che la ‘povna si accinga ad accogliere gli agnelli. Intorno, il solito vuoto spinto: i compagni, al massimo, fanno un nascosto capolino dallo stipite, ma stanno rigorosamente fuori.
E poi, all’improvviso, il corridoio si agita. Una corrente di energia ridente si allarga fino all’aula dei colloqui, rianimandola.
“Che succede?” – domanda muta la ‘povna, alzando il sopracciglio.
“Sono arrivati quelli di Monastera, presidente” – le dice Trafficone un po’ all’orecchio.
La ‘povna sorride:
“Certo, vorranno vedere gli orali per prepararsi al meglio. Fateli passare”.
Brisé, Impegnato e Sbuccione fanno il loro ingresso nella scuola in una nuvola di allegra e disinvolta sicurezza.
“Buon giorno: commissari, presidente, tutti. Ciao, ragazzi”.
Non chiedono, danno per scontato che si possa. Non hanno in mano dubbi, ma la loro educata consapevolezza. Si siedono, sorridono, tirano fuori penna e carta. E scrivono, prendono appunti: sulle domande dei commissari esterni, sull’atteggiamento della loro presidente, su tutto quello che, di lì alla settimana che li aspetta, possa servire ai loro esami.
La loro fiducia è contagiosa: anche i Bestii manca poco che sorridano.
“Dai, siediti qui, come ti chiami? Io sono Sbuccione, e spero proprio di farcela”.
“Ma, no, sai, i nostri compagni non ci vogliono, mi sa che si vergognano…”
Ma i figli dell’accudimento amoroso, non sia mai che si scompongano:
“Si vergognano? Ma no, figurati. E certo che vi vogliono. Magari però è meglio se entriamo quando hanno già iniziato, così non se ne accorgono. Voi siete i loro alleati, è ovvio che in realtà gli piace”.
Per la prima volta dall’inizio dei colloqui, qualche Bestio, timidamente, si accomoda. Quelli di Monastera fanno spazio e accolgono, compunti anfitrioni, in un inconsapevole rovesciamento delle parti.
Al termine, si alzano, salutano anche loro, e ringraziano.
“Noi andiamo a mangiare, prof., che già la fatica è stata tanta! La aspettiamo a Scuola Bella martedì, mi raccomando”.
Si allontanano in una scia di buon umore ed entusiasmo.
Nei corridoio di Scuola Bestia, intanto, la nebbia è ricominciata, impalpabile, a calare.


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