Inammissibile il trasferimento di diritti reali su immobili in sede di separazione o divorzio. Tribunale civile di Milano, sez. IX, 21 maggio 2013

Da Maurizio Picinali @blogagenzie

In sede di separazione o divorzio le parti non possono, tramite accordo, stipulare atti in grado di dispiegare effetti reali, quali il trasferimento della proprietà di un immobile in favore dei figli o del coniuge, demandando al giudice l’onere di verificarne la legittimità o la regolarità. Il tribunale di Milano ritiene infatti che le parti possono integrare le clausole consuete di separazione e divorzio relative ai figli, agli assegni ed alla casa coniugale con clausole che si prefiggono di trasferire tra i coniugi o in favore di figli diritti reali immobiliari pur tuttavia debbono ricorrere alla tecnica obbligatoria e non a quella reale, pena la possibile vanificazione dello strumento di tutela prescelto.
Pur riconoscendo che possa essere considerato ius receptum nel nostro ordinamento la possibilità per i coniugi di pattuire trasferimenti di diritti reali, anche immobiliari, nel quadro delle più generali pattuizioni che accompagnano le ipotesi di soluzione consensuale della crisi coniugale il Tribunale milanese osserva come il trasferimento del diritto reale in sede di separazione o divorzio differisca profondamente dall’atto pubblico redatto da notaio ai sensi della legge notarile. In quest’ultimo caso, le parti sono assistite da un professionista in grado di assicurare, ad esempio, la ottimale ricognizione della consistenza del bene e dei suoi confini; la sua libertà da trascrizioni pregiudizievoli al momento dell’atto; la capacità delle parti; la possibilità di evitare clausole nulle. La rinuncia a tali cautele comporta per le parti una garanzia per così dire minore, che mette gravemente in discussione il precetto costituzionale dell’effettività della tutela giurisdizionale (artt. 3, 2° comma, e 24 Cost.) dal momento che le parti, pur ottenendo un effetto traslativo del diritto ed una possibile trascrizione, assumono dei rischi (inesatta identificazione del bene e della sua provenienza, sussistenza di pesi ecc.) che innanzi al notaio sarebbero invece cautelati, oltre che da professionalità specifica da uno specifico statuto disciplinare e deontologico del soggetto che roga l’atto Inoltre ritiene il Tribunale di doversi dare rilievo ai recenti interventi normativi e segnatamente all’art. 19 comma IV della legge 30 luglio 2010 n. 122, di conversione del d.l. 21 maggio 2010 n. 78, intervenuto modificando l’art. 29 della legge 27 febbraio 1985 n. 52 ed inserendovi il comma 1-bis in cui si prevede che: «Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti , ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie , sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari».
Ebbene, come emerge in modo univoco e limpido, il Legislatore - nel più ampio contesto delle misure urgenti intese a contrastare l’elusione fiscale e contributiva – ha espressamente demandato al «notaio» e non ad altri operatori, il compito della individuazione e della verifica catastale, nella fase di stesura degli atti traslativi così concentrando, nell’alveo naturale del rogito notarile, il controllo indiretto statale a presidio degli interessi pubblici coinvolti. Ne consegue, quale corollario fisiologico, che il controllo del notaio non può certo essere sostituito da quello del giudice, ostandovi l’evidente quanto pacifica diversità di ruolo e funzioni. Soprattutto, comunque, si versa in un ambito governato dal principio di tassatività e legalità in cui la figura professionale scelta dal legisaltore (notaio) è insuscettibile di interpretazione analogica.A cura dell' dott. Stefano Di NINO il 1 luglio 2013


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