Dieci minuti e poco più senza interruzioni: nessuna segmentazione o suddivisione scenica ma solo il movimento lento e fluido della cinepresa che si sposta con curiosità da un personaggio all’altro. L’impronta teatrale impone delle costrizioni che non pesano minimamente sulla visione: i confini sono evidenti (il ladro alla fine fugge verso la libertà del fuori campo) al pari dell’idea di palcoscenico esposta (le entrate sul set possiedeno un’avvertibile premeditazione [i carri festanti] che conferisce una taciuta geometria alla struttura), senza dimenticare che il già citato sguardo personale del regista si avvicina di molto a quello di uno spettatore in platea, o, ancora meglio, allo spettatore che semplicemente sta assistendo in quel momento alla proiezione. Questo giocattolo cinematografico che richiama, seppur alla lontana, la forza scopica di Wavelength (1967), racchiude inoltre una sorta di meta-trama dove due uomini riprendono a loro volta gli attimi della rapina con un cellulare; le congetture in tal caso fioriscono e allietano: da una parte li sentiamo lamentarsi dell’inefficienza del marchingegno che nonostante sia il top nel settore certe cose non riesce a vederle (così come noi non vediamo nulla di ciò che accade all’interno dell’istituto di credito), e dall’altra mostra senza pudore la curiosità dell’uomo che pur rischiando di risultare stupido, non può fare a meno di guardare. Un corto intelligente.
Dieci minuti e poco più senza interruzioni: nessuna segmentazione o suddivisione scenica ma solo il movimento lento e fluido della cinepresa che si sposta con curiosità da un personaggio all’altro. L’impronta teatrale impone delle costrizioni che non pesano minimamente sulla visione: i confini sono evidenti (il ladro alla fine fugge verso la libertà del fuori campo) al pari dell’idea di palcoscenico esposta (le entrate sul set possiedeno un’avvertibile premeditazione [i carri festanti] che conferisce una taciuta geometria alla struttura), senza dimenticare che il già citato sguardo personale del regista si avvicina di molto a quello di uno spettatore in platea, o, ancora meglio, allo spettatore che semplicemente sta assistendo in quel momento alla proiezione. Questo giocattolo cinematografico che richiama, seppur alla lontana, la forza scopica di Wavelength (1967), racchiude inoltre una sorta di meta-trama dove due uomini riprendono a loro volta gli attimi della rapina con un cellulare; le congetture in tal caso fioriscono e allietano: da una parte li sentiamo lamentarsi dell’inefficienza del marchingegno che nonostante sia il top nel settore certe cose non riesce a vederle (così come noi non vediamo nulla di ciò che accade all’interno dell’istituto di credito), e dall’altra mostra senza pudore la curiosità dell’uomo che pur rischiando di risultare stupido, non può fare a meno di guardare. Un corto intelligente.
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