Il cimitero di Praga è un libro pesante, spesso scuro e pessimista. I suoi protagonisti non sono persone felici, non sono esenti da problemi, interni ed esterni, e spesso li vediamo compiere scelte perlomeno discutibili. Ma sono veri, e questo conta tanto. Respirano, vivono, mangiano e muoiono, come tutti noi. Quindi, con questo, vi lascio alla lettura di questo incipit e vi sfido a non vagare per le strade di Parigi e a non respirare l'aria di quell'epoca.
"Il passante che in quella grigia mattina del marzo 1897 avesse attraversato a proprio rischio e pericolo place Maubert, o la Maub, come la chiamavano i malviventi (già centro di vita universitaria nel Medioevo, quando accoglievano la folla di studenti che frequentavano la Facoltà delle Arti nel Vicus Stramineus o rue du Fouarre, e più tardi luogo dell'esecuzione capitale di apostoli del libero pensiero come Ѐtienne Dolet), si sarebbe trovato in uno dei pochi luoghi di Parigi risparmiato dagli sventramenti del barone Haussmann, tra un groviglio di vicoli maleodoranti, tagliati in due settori dal corso della Bièvre, che laggiù ancora fuoriusciva da quelle viscere della metropoli dove un tempo era stata confinata, per gettarsi febbricitante, rantolante e verminosa nella vicinissima Senna. Da place Maubert, ormai sfregiata dal boulevard Saint-Germaine, si dipartiva ancora una ragnatela di straducole come rue de la Maître-Albert, rue Saint-Séverin, rue Galande, rue de la Bûcherie, rue Saint-Julien-le-Pauvre, sino a rue de la Huchette, disseminata di sordidi hotel tenuti in genere da alvergnati, albergatori dalla leggendaria cupidigia, che domandavano un franco per la prima notte e quaranta centesimi per le seguente (più venti soldi se si voleva anche un lenzuolo)."