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La sala era già abbastanza piena e i posti si sono a poco a poco riempiti tutti. Stefania Bertola è arrivata puntuale, un po' irruenta, regalando "buongiorni" a destra e a manca. La prima cosa strana, oltre al già citato orario, è stata che si è presentata da sola. Ad accompagnarla c'era un attore, a cui ha affidato alcune letture e che le ha fatto in qualche modo da spalla. Il risultato è stata un'ora divertente, intensa, che mi ha fatto capire ancora una volta come mai io adori tanto questa donna e il suo modo di scrivere.
Oggetto della presentazione era il libro nuovo, Ragazze mancine, che ho acquistato il giorno prima e ancora non ho letto. Ed effettivamente temevo anche un po' che durante la presentazione avrebbe potuto svelare qualcosa, anche involontariamente, e rovinarmelo. Invece è successo proprio il contrario, sono uscita di lì con una voglia matta di iniziarlo.La prima cosa che si può dire di Stefania Bertola è che è torinese. E' torinese di origine, di accento (se uno non sapesse chi sta parlando e non la vedesse in faccia, la scambierebbe per la Littizzetto) e nei modi. E poi ama quello che fa, ama scrivere, ama le storie che scrive. E questo amore traspare, oltre che da ogni romanzo ovviamente, da ogni parola che dice. Sentirla parlare è davvero un piacere.
Durante la presentazione ha parlato un po' della nascita di questo Ragazze mancine, un titolo nato parecchi anni fa insieme a un romanzo che era stato rifiutato da una trentina di editori (come già aveva raccontato nell'intervista rampante qui sul blog). Era un libro troppo strano, le avevano detto. Un libro che non avrebbe venduto. Lei lo ha messo da parte, ha ripreso la sua vita normale e iniziato a scrivere altro, Ne parliamo a cena, Aspirapolvere di stelle, A neve ferma, Biscotti e sospetti e tutti gli altri. Poi, due anni fa, quando ha firmato il contratto per un nuovo romanzo, le è ritornato alla mente quel titolo. Ha riscritto la storia, salvando solo un personaggio, e finalmente l'ha pubblicato.Per scrivere il libro ha preso spunto da alcuni episodi che veramente le sono successi: il commercialista che l'ha imbrogliata e quasi ridotta sul lastrico, un braccialetto trovato per caso su una spiaggia a Mentone, la sua passione per gli autogrill e in particolare per quello di Novara, quello "a ponte" (che fa impazzire anche me).
La chiacchierata è proseguita, con qualche lettura d'intermezzo, con la Bertola che ha spiegato il suo rapporto con Torino e la sua voglia di staccarsi un po' da questa città (e dal pubblico hanno suggerito di ambientarne uno a Ciriè), ma anche la sua abitudine di inserire sempre un piccolo mistero nei suoi romanzi e di far riapparire, per un attimo, un protagonista delle sue opere passate. Ha parlato poi della scelta dei nomi dei suoi protagonisti, nomi spesso bislacchi che nascono per caso, perché le piace cercare nomi non proprio comuni, poco diffusi e che facciano sorridere (tra l'altro ho scoperto una cosa che non sapevo: anche Andrea Vitali nei suoi romanzi inserisce sempre nomi particolari... e va a cercarli nei cimiteri!) oppure omaggiare altri personaggi (in questo caso c'è Jezebel, in omaggio al film La figlia del vento con Bette Davis ed Henry Fonda... in Ne parliamo a cena c'era ad esempio Sailor Maria, immaginando come le bambine cresciute con il cartone Sailor Moon avrebbero potuto chiamare le loro figlie).
L'ora è passata molto in fretta e dopo le domande di rito (tra cui una su "Romanzo rosa" e le sue differenze rispetto a tutte le altre sue opere precedenti) è arrivato il momento del firma copie.
Insomma, davvero una bella (auto)presentazione. Se vi capita, andatela a sentire, merita davvero! Ma soprattutto, merita davvero leggere i suoi meravigliosi romanzi (sperando ovviamente che Ragazze mancine sia all'altezza degli altri... ma i primi due capitoli promettono bene!)
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