Sono davvero contento di andarci e ho accolto subito l'invito di mamma e papà. Invito via Facebook.
E io, che ho un rapporto conflittuale con i social network, non sono certo andato a curiosare tra gli invitati. Ma ecco che una mia compagna di classe mi scova quando confermo di essere presente. Non vedo M. da anni, l'ultima volta fu una cena di Natale un po' di tempo fa, poi ricordo soltanto un saluto rapido su una nave non ricordo più quando, né verso dove.
Sarà bello, divertente rivedere M. Ma non la incontrerò: saremo semplicemente insieme, nello stesso posto, come se ci fossimo dati appuntamento. Saremo pronti a ricostruire circa vent'anni, ognuno avrà la sua versione più accurata di questa storia, quella da cui non sfugge nulla, non quella che ciascuno racconta così all'impronta, da cui filtra qualcosa di te.
Mi pare che la distanza e l'ignorarsi spieghino molti rapporti più degli aggiornamenti automatici. All'improvviso mi prende che vorrei un po' più di silenzio, la necessità di cercare coloro che amo, incontrarli per caso, riconoscerli oppure no, stare a guardarli negli occhi per vedere se siano loro o meno e stupirmi anche. E dire: Parlami di te.
Dare senso al caso, a un momento, alle circostanze in cui le cose si verificano, non questi incontri con anestesia, potenzialità virtuali di far tutto, di dir tutto, di incontrarci tutti, e non guardarci mai. non sapere quanti siamo, né chi siamo.
Viviamo, e vivo io in particolare, come se tutto fosse prevedibile e non dovesse mai avvenire davvero. Ma questo è un altro discorso: intanto domenica si festeggerà il compleanno del piccolo D., lui riceverà tanti doni e, tra gli altri, il mio salame di cioccolato, che spero gli piaccia. Lui sa tutto questo, ma l'aspetta come se fosse una novità, la festa più bella del mondo: e ci regalerà la sua meraviglia.
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