È nota con la sigla HIP 85605 e si tratta di una delle due stelle che formano un sistema binario situato a circa 16 anni luce nella costellazione di Ercole. Se i calcoli di Coryn Bailer-Jones del Max Planck Institute for Astronomy in Heidelberg, Germania, sono corretti, essa si trova in rotta di avvicinamento con il nostro Sistema Solare. Niente panico per gli umani perché la buona notizia è che la stella, che arriverà alla minima distanza di 0,04 parsec (equivalente a circa 8000 volte la distanza Terra-Sole), non avrà alcuna influenza né sul nostro pianeta né su gli altri e, cosa più importante, questo “incontro ravvicinato” avrà luogo non prima di 240-470 mila anni.
«Anche se la Via Lattea contiene tante stelle», spiega Bailer-Jones, «lo spazio tra esse è molto grande. Perciò, la probabilità che due stelle possono arrivare ad una reale collisione è estremamente piccola». Comunque, in termini astronomici, tali eventi rappresentano degli incontri quasi mancati. Infatti, considerando che l’Universo si estende per 46 miliardi di anni luce in tutte le direzioni, che è la parte di spazio osservabile, un tale evento che ci si aspetta accadere ad una distanza di 50 giorni luce viene considerato alquanto vicino. Se poi consideriamo il contesto temporale, 250-500 mila anni sono da considerarsi certamente un vero e proprio futuro prossimo.
Ma tali “incontri ravvicinati di tipo stellare” sono molto rari. Le collisioni tra stelle avvengono di solito nei sistemi binari dove si trovano degli oggetti densi e collassati, ossia nane bianche o stelle di neutroni. «L’eccezione è data da un sistema binario stretto», dice Bailer-Jones. «Può succedere, e succede, che una stella si espande durante la sua evoluzione influenzando la stella compagna. Un sistema binario composto da due stelle di neutroni può addirittura arrivare alla fusione». Naturalmente, su tempi scala astronomici il passaggio ravvicinato di due stelle mentre esse eseguono la loro “danza cosmica” è un fenomeno alquanto comune. Come parte dello studio condotto da Bailer-Jones su un campione di oltre 50.000 stelle, si prevede che solo HIP 85605 arriverà entro 1 parsec dal Sole tra 240-470 mila anni. Nel suo articolo, il ricercatore indica poi (con un livello di confidenza del 90%) che l’ultimo incontro di questo tipo accadde 3,8 milioni di anni quando γ-Microscopii, una stella gigante di tipo spettale G7 e di massa pari a 2,5 la massa solare, arrivò alla distanza di 0,35-1,34 parsec dal Sistema Solare, un evento che avrebbe potuto perturbare significativamente la Nube di Oort.
La ricerca condotta da Bailer-Jones sugli incontri stellari ravvicinati è stata motivata dal desiderio di studiare quei potenziali impatti di origine celeste che sono avvenuti sul nostro pianeta e fa parte di un programma scientifico più ampio denominato “astroimpatti”. «Sono interessato alla storia della Terra», dice Bailer-Jones, «in cui gli eventi astronomici hanno giocato chiaramente un ruolo fondamentale. Ma quale ruolo, e quanto significativo, ci possiamo aspettare precisamente dal futuro?» Si stima che negli ultimi 20 milioni di anni, una quarantina di stelle siano passate vicino alla Nube di Oort. Tra l’altro, è stata proposta una ipotesi secondo cui cicli di impatti cometari dovute a queste collisioni avrebbero determinato variazioni climatiche ed estinzioni di massa sul nostro pianeta, anche se non esiste una chiara evidenza di una possibile correlazione tra tali eventi.
Nonostante siano stati condotti numerosi studi nel passato, lo scienziato ritiene che i metodi basati su moti relativi lineari delle stelle non forniscano risultati accurati. Lo studio di Bailer-Jones prende in considerazione dati più recenti o successive analisi di dati per ricavare, si spera, risultati ancora più accurati in modo da compensare in maniera più rigorosa eventuali errori al fine di inserire dei valori statistici nei propri dati. Dunque, i calcoli dello scienziato suggeriscono che HIP 85605 abbia una probabilità del 90% di passare entro 1 parsec dal Sole tra 240-470 mila anni. Inoltre, sempre secondo i dati di Bailer-Jones, il prossimo incontro ravvicinato non avverrà prima di 1,3 milioni di anni, quando cioè una stella nana di tipo spettale K7, nota come Gliese 710, passerà entro 0,10-0,44 parsec dal Sole.
Lo scienziato è convinto che il satellite dell’ESA Gaia fornirà misure più accurate per studiare più in dettaglio le previsioni future. L’analisi dell’ambiente galattico, la misura del potenziale gravitazionale e la determinazione delle velocità delle stelle, permetteranno agli scienziati di capire meglio come potrebbero intersecarsi le orbite stellari distribuite attorno al centro galattico. Ma, forse, la domanda più interessante riguarda la possibilità di utilizzare questi eventi rari come una sorta di “scappatoia” per esplorare persino gli esopianeti. Secondo gli attuali modelli dell’evoluzione stellare, si ritiene che la maggior parte delle stelle possiedano veri e propri sistemi planetari. Perciò, se una stella ci farà visita arrivando ad una distanza minima dell’ordine di qualche parsec, o meno, perché non approfittarne per studiare i suoi pianeti? Ma come ha dichiarato lo stesso Bailer-Jones, certo non si tratta di un gioco da ragazzi: «Viaggiare verso una stella che passa ad una distanza di circa 1 parsec, che si muove con una velocità relativa di 30 Km/sec, non è tanto più facile di arrivare alle stelle più vicine (la più vicina di esse si trova proprio a 1 parsec). E poi dovremmo aspettare decine di migliaia di anni per assistere al prossimo incontro. Se mai avremo la tecnologia per intraprendere i viaggi interstellari, e non ritengo che passerà così tanto tempo, perché aspettare?».
Un altro fatto che sottolinea lo scienziato è che nel corso delle rispettive “danze cosmiche” attorno al centro della Via Lattea, le stelle non si trovano fisse in un singolo punto nello spazio. Non solo esse si muovono periodicamente raggiungendo la minima distanza ma addirittura esse possono influenzare la vita presente eventualmente sui propri pianeti. Insomma, i tempi scala su cui accadono questi eventi, per non parlare delle conseguenze che essi comportano, sono così lunghi che l’umanità qui sulla Terra non dovrà preoccuparsi. All’epoca in cui HIP 85605 o Gliese 710 si troveranno a meno di 1 parsec dal Sole, forse ci saremo estinti da un bel pezzo oppure saremo troppo evoluti per preoccuparci così tanto di un tale evento astronomico.
«Questo è uno di quei lavori che sfruttano una ‘moda’ del momento, rivestendo quella che è in sostanza un’applicazione all’astronomia di metodi statistici con previsioni ‘catastrofiste’ su ‘incontri’ che come eventi deterministici nulla avranno a che fare con la realtà», spiega a Media INAF Mario Lattanzi, Inaf – Osservatorio Astronomico di Torino, membro del Gaia Science Advisory Group (1997-2000) e del Gaia Science Team (2001-2005). «L’unico motivo di qualche interesse, di una qualche validità tecnica del lavoro è, appunto, la metodologia usata per le previsioni (che tra l’altro rappresenta un’applicazione di concetti ben noti in statistica) ed il suo confronto con tecniche lineari usate in precedenza», continua Lattanzi. «Le previsioni come tali lasciano il tempo che trovano, cosa ammessa comunque anche dall’autore, vista la scarsa qualità dei dati (soprattutto la parte sistematica che è quella più difficile da mettere in evidenza e da quantificare) a disposizione per lavori di questo genere. Le stesse misure Gaia aggiungerebbero poco in lavori di questo genere. E, questione ancora più cruciale, in questi calcoli che pretendono di predire in dettaglio epoca e caratteristiche dell’incontro/scontro dovrebbe essere usata la Relatività Generale».
«Mi pare che il titolo scelto per l’articolo voglia echeggiare gli scenari del film Melancholia di Lars Von Trier», aggiunge Mariateresa Crosta, INAF – Osservatorio Astronomico di Torino, uno dei pionieri del modello relativistico di validazione dei dati della missione astrometrica Gaia. «Trovo comunque il tutto poco rilevante. Il lavoro si limita ad esporre un metodo adottato ed assume un modello Galattico che non tiene conto delle peculiarità reali dei dintorni del Sistema Solare e, come ammette lo stesso autore nelle discussioni, i dati astrometrici attuali potrebbero non essere adeguati per una conferma dei canditati elencati senza considerare che mancano alcuni parametri astrofisici», continua la ricercatrice. «Di conseguenza, come sostiene anche il mio collega Richard Smart (INAF-Osservatorio di Torino), la ricerca di incontri ravvicinati stellari sarà migliorata e semplificata dal prossimo catalogo di Gaia. Infatti, anche se la simulazione indica HIP 85605 essere un ottimo candidato, la mancanza di un’astrometria affidabile rende questo risultato molto improbabile. Questo sarà risolto di sicuro con Gaia. Io aggiungo che lo risolverà tenendo conto, nell’analisi dei dati, anche dei campi gravitazionali del Sistema Solare rendendo così più precisa la determinazione dei moti relativi e delle distanze. Insomma, aspettiamo Gaia prima di affermare previsioni di questo tipo».
arXiv: Close encounters of the stellar kind
Fonte: Media INAF | Scritto da Corrado Ruscica