
L’incredulità di Tommaso nel famoso dipinto del Caravaggio che, come è noto rimanda alla penultima pagina del Vangelo di Giovanni (20, 24 -29), è un “qualcosa” di molto differente, e tuttavia di simile ad un tempo, rispetto al senso riposto del medesimo racconto evangelico.
Nel Caravaggio è rimarcata essenzialmente la fisicità esasperata del discepolo nell’atto di infilare il dito oltre la pelle, nella carne viva, nel costato di Gesù.
Il gesto prevale. Rapisce l’attenzione dell’osservatore.
Nelle parole dell’evangelista, invece, il racconto-parabola sta a indicare che la fede non è abdicazione della ragione. Non è cecità della mente rassegnata e prona.
La ricerca della fede è molto semplicemente un percorso che include, ovviamente, l’oscurità ma che non la teme e che punta in alto.
Il dito di Tommaso, allora, è da leggersi anche nell’opera caravaggesca piuttosto come il simbolo dell’interrogativo del filoso, dello storico e del teologo.
Ossia : analisi di pensiero,contesto storico, ricerca del trascendente. Tutto umano. Molto umano.
Un fiore di domande dai tanti petali, insomma, senza i quali non possono esserci frutti.
La fede, pertanto, è quel canale di conoscenza che non elide gli altri e che è dotato di una sua coerenza e logica come succede al conoscere poetico e a quello amoroso.
Poesia e sentimento, cui per amore del Bello e del Buono, diamo sovente accoglienza nelle nostre esistenze.
Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
