Jemaa El Fna. Cafè de France, ore 18 circa. Il più bell’uomo che potessi incrociare a Marrakech mi chiede se può sedersi a una sedia libera del mio tavolino, visto che non ce ne sono altre. Francese (o comunque francofono), sui quaranta, alto, curatissimo, barbetta leggera, occhiali da sole, jeans, giacca di tweed grigia. Ha bevuto il suo tè alla menta, ha fumato una o due Dunhill, dopo circa 20 minuti ha detto “Aux revoir” e se ne è andato.
Io, dritta come un fuso, con gli occhi sul mio taccuino a prendere appunti per il blog, non l’ho filato punto, nè prima nè dopo.
Probabilmente, anzi sicuramente, era l’uomo del mio destino, quello che avrebbe potuto stravolgere la mia vita sulle ali della passione, in questa terra magica dal sole caldo e le notti gelide.
E l’ho lasciato andare, in tutta serenità.
Resta a imperitura memoria del mio incompiuto sogno d’amore franco-africano, la testimonianza fotografica del suo pacchetto di Dunhill e il bicchiere di tè vuoto.
Quello era l’uomo del destino ed è andato - il est allé – e il destino è uno.
Se esistesse la parola per definire un rimpianto senza rimpianto sarebbe l’ora di usarla.