"[...] Stiamo parlando di un delitto, o perlomeno di un pasticciaccio brutto.
Questa è l'impostazione dell'Indagine. Se invece altri pensano che il Ventennio sia stato buono, che abbia portato freschezza, novità e liberalismo, devo avvilirli che questo libro non fa per loro. [...]"
Cosa rimarrà di questo Ventennio in fase di (probabile) esaurimento? E' possibile promuovere ulteriori (e scomode) analogie con un altro ventennio (pur)troppo noto alle cronache storiche?
Le premesse, per un confronto non rischioso ed esule da variabili scomodità, sono richiamate sin dall'incipit dell'introduzione:
"Il Ventennio è quello berlusconiano (1994-2014).
Purtroppo passerà alla storia con questa qualifica. Il secondo Ventennio.
Calcolando gli ultimi cento anni, quaranta sono stati così. [...]"
Vent'anni di maturate cronache che hanno regalato alla storia italiana "pacchi" clamorosi, in così largo numero che è impossibile sintetizzarli con consapevolezza.
Anno dopo anno, sembra essere maturato un quadro più vecchio ed orribile di un "Dorian Gray" vecchia maniera: nulla di più somigliante a quella "dittatura morbida" che il giornalista Enzo Biagi predisse in un confronto con il Collega, Indro Montanelli. Il secondo Ventennio segnato da un "ghe pensi mi" che ha finito per aggravare quel che tutti hanno (purtroppo) sotto gli occhi: un Paese in macerie, ancora fumanti.
La conduzione di un libro così complesso, definito in un quadro che dalla politica ha avuto "riflessioni" su argomenti afferenti ad ogni campo possibile (ed inimmaginabile) della società italiana, è da articolarsi prestando ascolto non alle opinioni di uno solo. In virtù di questa obiettività da ricercare, pertanto, è stato possibile definire un quadro specifico dentro il quale argomentare questi lungh(issim)i anni.
Anni misti fra distrazione e distruzione, appunto.
L'autore stesso informa sulle modalità perseguite per la definizione della presente opera:
"[...] Per scrivere questa indagine, ho chiesto il parere, il giudizio e le informazioni di numerose persone.
Ho chiesto [...] di darmi una definizione, se possibile, di berlusconismo; e poi di raccontarmi le loro riflessioni personali.
Ho cercato le persone per me più stimabili e 'informate dei fatti'.
Di diverse competenze, di diversa età. [...]
Parlano di politica, giustizia, televisione, economia, psicoanalisi, costume, mafia, parlano di Sud e di Nord, di esperienze personali (quando il berlusconismo ti prende da giovane, è davvero una gran brutta bestia, perchè cresci senza aver visto altro. Se ti prende da adulto, è ancora peggio, perchè ti viene il terrore di poter morire prima di lui. Il tempo, da adulti, è importante. Il Ventennio per me è stato soprattutto una enorme perdita di tempo). [...]"
Autori e fautori di questa immensa perdita di tempo sono sotto gli occhi (e nelle tasche) di tutti, in un continuo dibattito che concorre troppo spesso ad assolvere l'italiano medio.
Su questa figura sarebbe infatti necessario scaricare una buona dose di colpe per il maturato status quo: l'essere sempre vittima e mai carnefice del proprio destino, il votare senza controllare meticolosamente l'operato del proprio "delegato" nazional-regional-provincial-comunale-[...], l'etica secondo la quale sono "tutti uguali e tutti ugualmente incompetenti". A questo "leitmotiv" può essere (anche o soprattutto, a seconda dei punti di vista) associato il declino culturale ed etico che ha prodotto lo sfascio attuale.
Le ipotesi su cosa sia stato questo "ventennio" sono abbondanti, abbondate, discusse e discutibili:
"[...] Cos'è stata l'Italia degli ultimi vent'anni? Un regime parafascista?
Un Paese della cuccagna che si è svegliato rovinosamente? Un grande reality show, dove ha vinto chi la sparava più grossa? Una finta repubblica, dove il potere vero era in mano a cricche e mafie (se non alla mafia vera e propria)?
Tutte domande legittime, che è il momento di porsi e che, forse, possono persino trovare qualche risposta, ancorché provvisoria. Enrico Deaglio [...] segue l'evoluzione degli scenari politici, tratteggia le storie personali degli eroi e dei miracolati, racconta i retroscena di cui all'epoca non sapevamo nulla, presta attenzione alle nuove parole che hanno popolato il chiacchiericcio quotidiano, affronta senza paura le zone più controverse e male illuminate del Ventennio: dalle ragioni e gli antefatti della discesa in campo alla mirabolante apoteosi della 'gnocca', dal sottovalutato razzismo leghista all'incomprensibile subalternità della sinistra, fino a un rapporto riservatissimo inviato dalla Dia alla vigilia delle elezioni del 1994. [...]"
Un libro utile a promuovere un'opera di memoria, passata e recente, funzionale al realizzare una massima attribuita al filosofo greco Antistene:
"La scienza più necessaria è quella di non dimenticare ciò che si è appreso."
(Frammenti, V-IV sec. a.c.)
Quanto sarebbe importante, per Italia ed italiani, non dimenticare un certo passato ed i (penosi) volti che lo hanno contraddistinto?