«Quale ribellione mi accese subito nel cuore questa musica. Rebetiko si chiama. Rebet, parola turca che significa ribelle. Se l’uomo capisse che si vive soltanto una volta e mai più, probabilmente non sarebbe disposto a passare la vita come la passa. Allora questa musica è rivoltosa perché accende in noi la consapevolezza che ogni attimo è eterno, perché è l’ultimo: è quello che ci invidiano gli dei». È così che inizia il documentario Indebito scritto da Vinicio Capossela e Andrea Segre, che si è occupato anche della regia. Siamo in Grecia, anno 2013, nelle taverne della capitale, Atene, e di Salonicco si conserva l’antica tradizione dei rebetes, i musicisti che propongono il rebetiko, una forma di blues ellenico che affonda le sue radici in un passato di crisi diversa ma allo stesso tempo uguale a quella che colpisce attualmente questo meraviglioso paese. La forza di questa musica sta nell’opposizione, con i versi delle sue canzoni, al potere ed è, oggi come allora, portatrice di una corrente di ribellione al conformismo passivo. Capossela va alla ricerca di questi musicisti e durante il suo viaggio, tra una scoperta e l’altra, riesce a fondere la sua arte con la loro. Un percorso, quello del cantautore, iniziato nel 2012 per il suo disco Rebetiko Gymnastas, un lavoro da cui è partita la riflessione, non soltanto musicale, di Vinicio sulla Grecia.
Andrea Segre, reduce dai successi di La prima neve e Io sono Li, e Vinicio Capossela formano una coppia molto interessante. Il primo, regista, con il suo “bisogno” di raccontare gli ultimi, coloro che la Storia vorrebbe mettere ai margini, l’altro con la sua passione per l’astrazione poetica che affonda le radici nella realtà di chi soffre, sogna e spera. «Per farlo abbiamo vagato come flaneur, come viandanti nel luogo simbolo della crisi, la Grecia indebitata: seguendo le parole, i pensieri e la musica dei rebetes, i cantanti del rebetiko, il blues ellenico», afferma il regista. Insieme hanno trovato un titolo perfetto e polivalente per questo documentario: Indebito. Perché la Grecia è, ormai quasi per definizione, il paese “in debito” con l’Europa sul piano economico. Ma da sempre c’è chi, anche se non lo ammette, è da sempre “in debito” con quella cultura che proprio in Grecia ha avuto origine.
Chi canta e ripropone oggi il rebetiko ha un ruolo non propriamente gradito. Questi nuovi rebetes impediscono di dimenticare la forza di una musica che è nata come forma di protesta e tengono viva una fiamma che non è solo nostalgia per un passato che non c’è più. È dimostrazione della ciclicità della Storia e del valore di testi e sonorità che non hanno esaurito la loro funzione tanti anni fa. L’economia è fatta di uomini e donne, delle loro gioie ma anche delle loro sofferenze, sofferenze espresse con grande efficacia dal canto e dalle note che lo accompagnano. Segre e Capossela lo dimostrano in un viaggio in cui il repertorio del rebetiko viene presentato in tutta la sua vasta complessità. «La frase “non siamo mica la Grecia” dovrebbe essere sostituita dalla più kennediana “siamo tutti greci”, perché in Grecia è in questo momento più scoperto ed evidente il meccanismo economico, sociale, politico in via di sperimentazione in tutti gli altri paesi. Per una volta questo paese sembra essere più avanti su una strada che è la stessa per molti», ha detto Vinicio Capossela commentando il film.