indovina chi viene a pranzo

Da Plus1gmt

Due signore sono impegnate in una discussione sul fatto che in Italia sia sin troppo semplice distinguere un afro-americano da un africano perchè qui le persone “diversamente chiare”, come le definiscono loro per aggirare l’ostacolo della correttezza lessicale ai confini con l’ipocrisia perché il modo con cui lo chiamano dentro di loro stesse traducendo quella locuzione con uno sguardo ammiccante e perfido al contempo fa un rumore più fastidioso di tutto il resto, dicevo qui ingrossano le schiere della povera gente e si riconoscono dall’abbigliamento. Cioè, ed entrano nell’argomento, li vedi per strada e vedi come sono vestiti e capisci subito che non possono essere cittadini statunitensi, turisti, studenti o manager di multinazionali in trasferta o giocatori di basket perché possono essere solo giocatori di basket, o ballerini o rapper o al massimo esponenti di quell’altra categoria, l’unico luogo comune mancante a questa lista meno appariscente senza una osservazione più approfondita. Cioè se vedi un senegalese in tuta che corre non fa jogging, non può farlo con quelle scarpe tarocche, sta semplicemente rischiando di perdere l’autobus.

L’altra, che segue fintamente interessata la dimostrazione della discutibile teoria perché muore dalla voglia di intervenire e dire la sua, sta lì con la bocca semi-aperta per fornire il suo fondamentale contributo. Lo stesso criterio vale per le altre nazionalità, dice. Prendi cinesi e giapponesi. Le cinesi si vestono con le loro cose da cinesi. Le giapponesi sono qui per fare le loro vacanze shopping, possiedono tutte l’iphone e le vedi fare le turiste messe giù in modo provocante, così sostiene il mio ragazzo, aggiunge come inciso, con le mani piene di borse di marche di moda.

I sudamericani no, con quelli non si corre questo rischio, continua la prima. prendi per esempio quelli del San Isidro Volley Club. L’altra la interrompe con un fare interrogativo, evidentemente non capisce di cosa sta parlando l’amica. Il San Isidro Volley Club è un gruppo di famiglie di sudamericani, potrebbero essere del Perù o dell’Ecuador, non li distinguo, che si riunisce ogni domenica in cui c’è bel tempo in un parco vicino a casa mia. Pranzano lì tutti insieme, saranno almeno una cinquantina tra adulti e bambini che ogni domenica di sole fanno un picnic. Poi montano due reti da pallavolo e trascorrono la giornata a giocare, finché non fa buio. Tutto il tempo. E anche loro sono persone semplici, dice proprio così. Non hanno proprio l’indole, ci sono solo loro che vogliono trascorrere i giorni di festa così, come se fosse la cosa più divertente che possono fare.

L’altra vorrebbe giungere a una conclusione, il dehors è pieno e qualcuno potrebbe ascoltare inavvertitamente la conversazione. La tua tesi però non regge, anzi non è proprio una tesi, dice. Anche gli italiani, voglio dire anche gli italiani riconosci a che ceto appartengono dalla qualiltà degli abiti che portano e dalle cose che fanno. Lo sguardo di entrambe si posa sul tavolo da due posti di fronte al loro, dove un tizio tutto trasandato, almeno per i loro standard, riporta velocemente gli occhi giù sulla sua cotoletta, visibilmente in imbarazzo.



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