Nel ricordo d‘equivalenza
Andavo allegro
quando le parole mi si porsero al becco
e alle mie mani il mare
con i suoi uncini equivalenti
l’aria s’era appena ridotta
genuflessa di bare di metà febbraio
scoperte nascoste
**
Son questo vecchio che sono
Non ho avuto coraggio in vita
ma non mi vedrete stupido
come gli altri scalcianti
torturati dai tubi iniettati in vena
senza una vena di cortesia per Dio
Il peggiore dei mali
sarà quando in terra
nessuno mi avrà somigliato
Io non ho visto mio figlio,
non l’ho mai pesato in braccio
Conosco una giovane infermiera
che potrà sollevarmi
e mi vedrà nudo
tra le lenzuola sporche
conosco un infermiera
che sa far strada e soldi
con l’incapace e demente
e i quasi morti
Nulla di grave
se mi prendi le mani
e togli sangue e sudore
senza sputarmi in faccia
Son questo vecchio che sono
ridicolo
nei pugno stretto
da qualche minuto
ma sarò già lontano
per mia fortuna
e lontana
lontana
lontana
quell’agonia puttana
**
Tu non sai più cos’è l’inverno
Tu non sai più cos’è l’inverno
quest’inverno da termopili
l’odio
ammalato d’amore
la strada
nel sudore della medicina
il freddo
nel vapore dell’acqua
tutto il freddo
come quell’ultimo discorso
incompiuto delle sei
da scartarmi via
con la resa d’un soldato
inoculato
in calci da barattoli
da scartarmi
con tutte le anime di caramelle dei radiatori
(a mio padre)
**
Differenza meccanica
Come dimenticarsi, cuore
ogni male
della tua fame
Come dimenticare il tic tac
la carta di cui s’avvolge
questa piccola
aliena differenza
meccanica
**
Io sono il mare
Questa notte mi ha seguito
come una spia straniera
ho messo una distanza di difesa
cavalli di frisia
aumentando il passo
subito dopo una città
Tutti stranieri
d’una terra straniera,
case straniere che non leggo mai dentro
gli aspiranti morti e gli amanti
su un marciapiedi
sono noci schiacciate
anime d’inferno straniere
su un bus di purgatorio
che si tengono in me
sulla sabbia
sui dejavu
sul panno di stelle
e comunque da qualche parte
(ma io son già stato qui?)
Questa notte mi hanno inseguito
come un cane di questa terra
cosa stringono intorno?
Perdonatemi, io non voglio capire.
Io sono il mare
con il mio solito mestiere
per naviganti e guardiani
Io son il mare,
non sono altro che il mare.
Un compagno
di quell’occhio
pallido su di me
Io sono il mare
una malinconia di Rachmaninov
che si raffredda
sulla destra
dai finestrini sporchi
un respiro
senza rumori forti
Antonio Blunda masce ad Erice (Tp) il 26/02/1972 e risiede fino all’età di 4 anni a Marsala.
Successivamente a Palermo, dove vive tuttora ed esercita la professione di avvocato.
Inizia ad accostarsi alla poesia intorno ai 6 anni, iniziando da allora a leggere e scrivere poesie.
Gli autori preferiti in assoluto sono Hikmet, Pessoa e Ungaretti.
Tra le passioni coltivate : letteratura, poesia, narrativa, fisica quantistica, storia, filosofia.
Inizia a partecipare a concorsi di poesia e narrativa per puro caso, su suggerimento di un amico, soltanto a partire dall’ottobre 2000, riscuotendo nel corso degli anni parecchi consensi.
Gestisce un blog su http://www.antonioblunda.wordpress.com, dove accoglie, racconta e riporta temi ed articoli di diversa natura, in particolar modo ed interesse relativi alla poesia contemporanea.
E’ autore scelto per un’intervista sulla rivista italo-argentina “agorà magazine”.
E’ presente su diverse riviste letterarie italiane e straniere.
Diverse sue poesie sono state tradotte amichevolmente in inglese, spagnolo, francese, e arabo, grazie ad alcuni amici e collaboratori oltre che in Italia, in Giordania, Iran, Stati Uniti, Francia, Spagna, Argentina, Filippine,Grecia.
Diversi i premi che ha ricevuto.