Travalicare
La mia preghiera
sgrana semi d’organza e fiordalisi
mistifica l’aria stagna in una sinossi viscerale.
Rimpiango tutto: di me
ricalcherei solo i puntini in sospensione.
Ed ho nella specchiera, un che di opaco:
è la nebbia del fiato, che mi tasta il polso.
***
Le embolie dell’ego
Altro cemento per endovena
ed altro ancora
mentre indosso la pelle sterile
del mio colostro solitario e barbaro
disperatamente
mi devo bastare
e farmi utero, ed embrione
per tenere le ossa al caldo
***
La finestra chiusa
Serpeggio
liquida fra clavicembali ben temperati
encefali anestetizzati, catechismi alcalini.
Idiosincrasie si rincorrono sulle pareti.
Forse particole di luce retroflessa, d’aria viziata.
E glisso
oltre una decalcomania che non sbiadisce
sulla retina di un ominide appena sbozzato.
E mi chiedo cosa resta ai tramonti, alle acque reflue.
All’ozono che germoglia le rondini in volo.
***
Convergenze
L’orlo del bicchiere sa il veleno, il sale
le vocali aperte e poi richiuse.
Abbiamo dissanguato i petali alle margherite
prima di consegnare i tendini all’indifferenza.
Prima di restare così, come sospesi
sovraimpressi in un plenilunio d’erba.
***
Il salto del cavallo
Rappresa, invelenisco.
Mi nego così, fra i purismi della mantide
e le bestemmie deliranti di un vento al catrame.
Ubriaca, riemergo.
Riemergo dai confini di una scacchiera claustrofobica
e con un unico salto bianco, stordito di silenzi
sono oltre.
***
Rientranze
L’angolo ovale
è graffito su una piaga scoperta
e mi rintocca sul tempo delle estinzioni precoci
delle cicatrici mal riposte, delle graticole supponenti.
Dimenandosi in quadratura
libera eclissi non ancora addomesticate.