Non s’integrava
Non si integrava, a distanza
immigratizia ma sociale ma
non integrata non quella
mascherina, la fata, non rosa e
non quel giornale, rosso, quel
saluto non quella musica figa
l’appartenenza-mistero
(possesso disambigua), non
si faceva vedere qualcosa in mezzo.
Col piccolo cucù cuore a passeggio
sui ponti più lunghi del quartiere inserato
col vento dentro passava Cucù,
la silenziosa bombardata specialmente:
che non s’integrava
alla notte spennellata in
corpo maturo o a
venti bambini seduti a rovescio
nella sala impagliata e
beati saperne ridere cantando:
esce preoccupata dalla porta, a foga,
non ha il tocco armonizzato ora
nuota scorrente e inciampa disintegra.
Lei stessa
Bloccato in pezzi di posizione il ponte d’acqua
non si allunga come deve e l’acqua confina
e il luogo non conosco
damarina, fiottìo, sincrona
la voce di una sintesi moina
ammaliante dove incespa ti vedo
:
che assoluto preciso batti.
Una pulsazione muove un atto
e che pretende cavi, strutture, io
debolerò in dio davanti
l’immagine la forza il sangue stelo
la matri stortura lei stessa
bloccato il ponte d’acqua in posizione spezza.
*
E quando si precisa un volto lì
e diventa lo sguardo terreo pare
in concreta sentenza soffrire fa
chiudere tutta la voce
e me in vado balorda
che mi è sparito non certo canto
che non ho portato l’acqua piova
che cari temporali, han desertato.
(L’alba schianta e)poco inferno
L’alba, un giorno che è arrivata
faceva ciocco
e la lingua leggeva la strada, una lunga
fino lì, dove si ferma biforca e
disapparendo
tramonta.
Emma, ora, queste parole non arrivino
dove povera lei, che sbagliava,
e per giunta ch’adesso c’importi
dove andasse l’alba se un giorno
congiungeva cioccando
con quella lunga lingua madre
e l’asfalto, e che giungesse al bivio
e che faceva notte:
ai bivi hanno dedicato monumentali,
una casa di diavolo, ella bambina infangata,
le viteinmmorte percolanti
come sai un’alba è arrivata al giorno sbrindellata
e nella bocca cera lingua bastarda e lava.
Si che alle strade rotte guidavamo i diavoli:
il loro poco inferno ci sembrava una sera.
Nota Biografica:
Silvia Molesini, nata a Bussolengo (Vr) il 14 luglio 1966, vive e lavora come psicoterapeuta a Costermano (sempre Vr). Ha pubblicato le raccolte Nuova noia (Ibiskos ed. 1987), L’indivia (Campanotto ed. 2001), Il corpo recitato (I figli belli ed. 2004), Lezioni di vuoto (Liberodiscrivere ed. 2006), Cahier de doléances (Samiszdat 2009), 13 algebriche mistiche (voici la bombe 2010). In corso di pubblicazione “Un Es opaco”. Ha partecipato al romanzo a rete Rifrazioni scomposte su corpo 12 e, per circa due anni, membro fondatore, al progetto Karpòs. È presente in diverse antologie, su riviste letterarie , fascicoli e siti web (Le voci della luna, Filling Station, L’ortica, Critère, Niederngasse, Progetto Babele- Il foglio letterario- Historica, Absolute Poetry, Lettere Grosse, La dimora del tempo sospeso, Podcast di Poecast, La poesia e lo spirito, Private, Tellusfolio, Nuove Tendenze). E’ stata segnalata in alcuni concorsi di poesia (nel 2008 : con Esanimando al Premio Montano e al premio Mazzacurati/Russo con Cahier corpo piccolo ). Collabora con zeropoetry e viadellebelledonne. Work in progress e sito di riferimento: Nascita e morte (titolo provvisorio). Letture su www.myspace.com/molesini (Alle quattro e venti circa) e su http://www.youtube.com/molesini.
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