Non mi piacciono le persone che si lamentano, eppure recentemente sono diventata una di loro. Non so mai cosa manca nel frigo, ma in compenso ho sempre pronta una lista di luoghi in cui preferirei trovarmi, cose che preferirei fare. Tra i bersagli più gettonati delle mie lagnanze, le numerose mansioni che sono costretta a fare controvoglia -solitamente per compiacere o quanto meno non dispiacere a persone che peraltro non mi piacciono- anziché dedicarmi con entusiasmo e metodo alle cose che fanno di me la persona che voglio essere. Nel brodo primordiale delle cose che mi interessano, galleggiano i libri, i corsi di formazione, lo yoga, i film, il blog, le serie TV, la corsa, le mostre, dormire, le conferenze, i social network, le torte, il nuoto, le riviste stupide e anche quelle intelligenti, le telefonate alle amiche, la navigazione scriteriata su Pinterest, i reality. Ma anche quelle cose, meno piacevoli e interessanti, che mi riguardano da vicino e alle quali vorrei dedicarmi con attenzione maggiore: la burocrazia, le pulizie di casa, riordinare l’hard disc.
Probabilmente non sono così improduttiva. Che io sia ipercritica verso me stessa, cronicamente insoddisfatta, tanto attenta alle performance degli altri da perdere di vista le mie, son tutte cose risapute. La vera, grande novità è che ho sviluppato una serie di mezzucci meccanismi volti a posticipare, evitare, rimuovere ciò che non voglio fare. Tutti, purtroppo, caratterizzati da un tasso di infantilismo impressionante: mi smarrisco nel turbine di wikipedia (come il protagonista di Visto che siete cani, di Walter Fontana!) osservo ammaliata le mosche sbattere contro il vetro, mi perdo nelle gallery di Repubblica. Il mio corpo stesso, secondo me, mi rema contro. Mi assalgono momenti di narcolessia ingiustificati, mi scappano delle frequentissime pipì; per non parlare dei misteriosi attacchi di fame delle 15:15. Indipendentemente da quello che ho mangiato a pranzo, mi colgono certi svarioni che se non mi alzo e non occludo lo stomaco con un caffè amaro, potrei inginocchiarmi a rosicchiare le gambe del tavolo.
Insomma, son diventata infingarda, che vuol dire pigra (e non cattiva, maligna, e traditrice come il volgo). Di questa nuova me smemorata, inconcludente e procastinatrice si sono accorti in molti, anche se l’unica reazione proattiva l’ha avuta la mia collega che -probabilmente spossata dai miei continui “Merda mi son dimenticata di _______(sostituisci con verbo a tuo piacere)”- mi ha regalato una bellissima agenda per l’anno 2015.
So che accadrà anche questo
Ne ho parlato con la psicologa, che mi ha fatto un predicozzo-pronostico sulla frustrazione, fedele compagna di vita dalla quale non devo illudermi di potermi separare. Purtroppo, essendo stata abituata a sopportarla poco da bambina, mi ritrovo ad familiarizzarci solo ora (quando il mio livello di flessibilità mentale è irrimediabilmente compromesso dall’età, aggiungo io). L’unico modo per minimizzare la frustrazione è amare quello che si fa, cioè scegliere con consapevolezza come occupare il proprio tempo, certi che però ci sarà sempre un quid di scazzo da gestire e mantenere sotto un minimo ragionevole. Trattenendo a stento un “Grazie al cazzo, lo sapevo pure io”, ho deciso che le prossime settimane saranno dedicate a monitorare il mio livello di insofferenza. In primis per ridimensionarlo, pena il non riconoscermi più. Probabilmente, se investissi positivamente le ore che dedico a lamentarmi di non avere tempo, concluderei tantissime cose in più rispetto a quelle che riesco a portare a termine normalmente. Io so che si può fare, perché conosco persone che ci riescono. Confido che -oltre all’agenda- esistano degli escamotage, dei riti, delle giaculatorie, dei mantra da ripetere per aiutarsi. Io spero che qualcuno di voi li conosca, e mi dia qualche consiglio organizzativo. Sì, Bea, sto parlando anche con te.
Ma l’obiettivo non è solo tenere sotto controllo il vortice infingardo di cui sono vittima. E’ anche capire se c’è uno scossone, vero e profondo, che posso dare alla mia vita prima che questa situazione si cronicizzi.
*altre verità: melenso vuol dire “stupido” e non sdolcinato. Fragranza vuol dire profumo e non croccantezza, La dicitura lo pneumatico è giusta, mentre quei quattro pazzi che dicono “lo lievito” lo fanno solo per confondervi. Prego, amici, prego.