Un omaggio per ricordare David Foster Wallace
Odio i post commermorativi, mi mettono una tristezza infinita (se commemorano qualcuno/qualcosa vuol dire che questo qualcuno/qualcosa era meritevole e che ora non c’è più e che forse quando c’era non lo abbiamo apprezzato abbastanza; e solo, adesso, nell’assenza, ci accorgiamo di quanto fosse bello). Aggiungo che preferirei non ricordare la data in cui David Foster Wallace si è tolto la vita dopo un anno passato a lottare contro la depressione; vorrei tanto non pensare anche solo per un attimo che uno scrittore della sua caratura non ci regalerà più nulla. A tutti suoi libri che non leggerò. Perché la morte di Wallace è stata una perdita alla quale è difficile rassegnarsi, e se amate i suoi libri sapete bene di cosa sto parlando. E forse anche voi vi sentite un po’ diminuiti (cito la poesia qui sotto) in una giornata così.
Mi vengono in mente i famosi versi di John Donne¹
Nessun uomo è un’Isola,
intero in se stesso.
Ogni uomo è un pezzo del Continente,
una parte della Terra.
Se una Zolla viene portata via dall’onda del Mare,
la Terra ne è diminuita,
come se un Promontorio fosse stato al suo posto,
o una Magione amica o la tua stessa Casa.
Ogni morte d’uomo mi diminusce,
perchè io partecipo all’Umanità.
E così non mandare mai a chiedere per chi suona la Campana:
Essa suona per te.
Be’, allora, cerco di concentrarmi su ciò che David Foster Wallace ci ha lasciato. E siamo fortunati, perché è stato un autore prolifico che poteva scrivere tutto, da saggi meravigliosamente divertenti e profondi come Considera l’Aragosta, Una cosa divertente che non farò mai più, Di carne e di nulla, a monumentali romanzi come Infinite Jest e il bellissimo seppur incompiuto Il re pallido. Ha scritto raccolte di racconti – Oblio, La ragazza dai capelli strani – ritraendo l’America & le sue contaddizioni, quella vista dalla parte di loser, junkies – di chi non vive a Manhattan, ma da qualche parte nel Midwest e non passa le serate a bere cosmopolitan, ma nella sua stanza di università a guardare una sit com e a bere birra (come nel suo primo romanzo La scopa del sistema). Uno scrittore che ha saputo ritrarre il male in tutto il suo banale orrore (Brevi interviste con uomini schifosi), e che ha saputo essere anche incredibilmente ironico, profondamente triste, moderno e visionario, talmente grande da diventare inclassificabile. Qualche etichetta è sfuggita per cercare di inquadrare l’Autore Che Ha Sorpreso Michiko Kakutani (temibile critico del NYT), e quindi potremmo dire che Wallace ha raccolto l’eredità del Minimalismo, per uccidere il Minimalismo. E’ un post moderno intriso di ogni aspetto della cultura, un onnivoro che presta attenzione a ogni cosa senza snobismo (quanto mi piace questo non precludersi nulla!); i suoi libri sono un mix di erudizione – il suo amato Wittgeinstein ispira tutta la sua opera – e di tutto ciò che è basso ma reale e quotidiano e che influenza davvero l’America, come i programmi televisivi.
Wallace è uno di quegli autori che vi fa amare tutto ciò che scrive – fidatevi: grazie a Il Tennis come esperienza religiosa amerete il tennis anche se non ne conoscete le regole – , dimostramdoci che nulla attorno a noi è irrilevante. In Questa è l’acqua, suo vibrante discorso al Kenyon college (da cui prende il titolo la raccolta alla vostra sinistra), Wallace ribadisce quanto sia fondamentale essere consapevoli di ogni cosa che facciamo, perché quella cosa è la nostra vita e dobbiamo deciderne noi le sorti per quanto sia possibile. Sicuramente il mondo è assurdo, la fila al supermercato è assurda, i nostri dialoghi sono senza senso, le nostree idee sono forse limitate dalla lingua, ma bisogna pur sempre vivere in modo consapevole, anche di/in questa assurdità.
Ma DFW ci aiuta, soprattutto, a migliorare nella scrittura, a sperimentare dopo aver visto il mondo in modo attento e diverso. Accanto al mio computer tengo sempre un foglio su cui ho trascritto un po’ di suoi consigli. Il mio preferito dice:
Good Writing isn’t a science. It’s an art, and the horizon is infinite. You can always do it better.
Ecco, volevo scrivere qualcosa di divertente per ricordare cose belle, ma cosa posso farci? È venuto fuori un pezzo anche un po’ triste, perché DFW mi manca proprio tanto.