Il segno si fece beffa
in sogno, nel deformante
caleidoscopio della psiche,
nel vano confidare che quel
soffio soffocato del suo
petto un giorno si sarebbe
finalmente liberato dal peso
del precario stare al mondo.
Attese e attese invano, lo straniero.
Come Sargon d’Accadia, si pensava,
o l’emulo Mosé o Romolo, in ceste
sigillate dal bitume esposti
ai rispettivi fiumi ed affidati
ai destini illustri. Si volse
con fiducia alle insidie
del sentiero: un segno dopo
l’altro, trovò nell’aleatorio
l’assoluto, celia crudele
dello spirito del tempo.