Articolo di Pierluigi Gerbino. Il
volo improvviso ed imprevisto a Francoforte di Sarkozy ferma il
volo delle borse. Il Presidente francese anziché assistere
alla nascita della sua bambina, ha incontrato Draghi, Lagarde,
Barroso, Van Rompuy e soprattutto la signora Merkel in una riunione
d’emergenza per cercare di risolvere lo stallo in cui si
trovano le trattative per non far fallire il Consiglio Europeo
dei 27 capi di stato e di governo previsto domenica prossima,
che dovrebbe risolvere la crisi dell’euro-debito. Il vertice
di Bruxelles è stato caricato nei giorni scorsi di aspettative
enormi da parte dei mercati. Il rally che sui listini europei
ed americani si protrae da oltre due settimane, è stato
motivato proprio dalle attese di “soluzione finale”
alla crisi delle banche europee, schiacciate dalla morsa delle
perdite sui titoli dei PIGS e delle sofferenze sui prestiti ad
una economia che sta ricadendo in recessione. Negli ultimi giorni
si sono sovrapposte, nelle notizie di agenzia, le dichiarazioni
allarmate di chi sottolinea la gravità della situazione
attuale ed avvisa di fare in fretta, a quelle di chi prospetta
soluzioni definitive per domenica prossima, al fine di creare
una pressione psicologica sui capi di governo che parteciperanno
alla riunione.
In effetti la paura che qualche grande banca da un giorno all’altro
alzi bandiera bianca, come abbiamo visto fare qualche giorno fa
alla franco-belga Dexia, ha letteralmente bloccato il mercato
interbancario e spinto la BCE ad essere ormai quasi l’unico
fornitore di liquidità al mercato.
E’ una situazione che assomiglia a quella che abbiamo già
vissuto prima del fallimento di Lehman, con la variante che allora
nell’occhio del ciclone c’erano soprattutto le banche
americane, mentre questa volta sono prese di mira le banche europee,
che necessitano di una ricapitalizzazione decisa, nell’ordine
di almeno 300 miliardi di euro (qualcuno ipotizza addirittura
cifre intorno ai 1.000) per assorbire le perdite implicite sui
crediti in loro possesso.
Dato che il mercato non è assolutamente in grado di fornire
tutta questa liquidità, non resta che affidarsi agli stati,
che ovviamente, salvo forse la Germania, non hanno alcuna possibilità
di fronteggiare in ordine sparso la situazione. Allora si è
pensato di ricorrere al Fondo ESFS, che era nato per aiutare gli
stati in difficoltà ed ha ancora 300 miliardi a sua disposizione,
che non bastano certo per salvare stati e banche. Anzi. Non bastano
nemmeno per salvare gli stati se oltre a Grecia e Portogallo,
dovessero chiedere aiuto anche Spagna o Italia.
La soluzione sarebbe un potenziamento della dotazione del Fondo
ad un livello che basti a garantire tutti. Gli esperti parlano
di portare la capacità di garanzia del fondo ad una cifra
tra i 2.000 ed i 3.000 miliardi di euro. Il nodo è: chi
mette i soldi?
Nessuno può pensare che siano gli stati a fornire tutta
la cifra. Allora occorre trovare dei meccanismi di leva finanziaria
che consentano al fondo di garantire assai più di quanto
non abbia nel suo capitale. Insomma: occorrerebbe trasformarlo
in una sorta di Banca degli stati europei in grado di finanziarsi
presso la BCE e presso il mercato (emettendo i famosi Eurobond)
e fornire garanzie per un multiplo dei soldi raccolti, sfruttando
l’affidabilità dell’intera UE presa nel suo insieme.
Un simile meccanismo per funzionare dovrebbe accompagnarsi alla
visibilità di una UE che parli una sola ed autorevole voce.
Insomma: tutto il contrario di quanto avviene oggi, dove l’ordine
sparso è la miglior organizzazione che si riesce ad attuare.
Ci vorrebbe allora l’istituzione di una vera e propria autorità
politica comune in grado di commissariare gli stati membri indisciplinati
e fornire così credibilità all’Europa. E, sia
chiaro, a capo di questa autorità non può essere
messo l’insulso Van Rompuy, ma un tedesco. Punto e basta.
Fin che non si arriverà a questo i mercati continueranno
a non fidarsi, poiché i primi a non fidarsi sono proprio
i tedeschi, e tra qualche mese ci potremmo ritrovare a discutere
su come salvare il fondo ESFS.
Per fare tutto ciò non basta un vertice Merkel-Sarkozy,
ma occorre rivedere i Trattati europei affidando, volenti o nolenti,
il controllo di fatto a Germania e Francia. Per tutti gli altri
stati significherà perdere la sovranità nella redazione
dei bilanci pubblici e della politica economica. Per la stessa
Germania significherà assumere ufficialmente la guida dell’
Europa rinunciando per sempre ai sogni di ritorno al marco e farsi
carico delle debolezze altrui. Dovrà cambiare profondamente,
assumendo un ruolo più paternalistico che poliziesco per
guidare gli altri paesi, specialmente quelli mediterranei, a diventare
un po’ più tedeschi.
Il passaggio è incredibilmente difficile. Sussistono fortissimi
dubbi che una nuova revisione dei trattati in senso più
“europeista” venga accettata da tutti i capi di stato
presenti domenica e soprattutto ratificata senza problemi da tutti
i parlamenti nazionali e dai referendum popolari (negli stati
dove è prevista questa forma di ratifica). Personalmente
non sono affatto sicuro che l’opinione pubblica tedesca ed
anche quella francese (ricordiamo ancora lo scherzetto sulla ratifica
della costituzione europea?), accetteranno questa svolta epocale,
per non parlare degli altri paesi minori (Finlandia, Slovacchia,
Olanda, Austria …).
Ecco perché domenica potrebbe finire con l’ennesimo
rinvio, come continua a ripetere la Merkel.
L’aver caricato di aspettative fin troppo facili ed aver
drammatizzato la situazione, per forzare i paesi riluttanti ad
accettare il piano franco-tedesco e le opinioni pubbliche a fidarsi,
rischia di innescare una bomba che potrebbe deflagrare lunedì
sui mercati di tutto il mondo.
In questi giorni analizzare i grafici non serve assolutamente
a nulla. Servirebbe molto più fare la psicoanalisi ai politici
europei.
Fine articolo di Pierluigi Gerbino
Magazine Attualità
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