Magazine Pari Opportunità

inno all’utero

Da Suddegenere

Primo giorno di primavera, lo festeggio con questa poesia.

Inno all’utero, di Livia Candiani (da “Poesie mestruali”)

La prima cosa
che ho saputo di te
è stato un discorso di fretta:
ti chiamavano casetta di carne,
ti avrebbero abitato
strani bambini trasparenti
fatti di vene e pelle sottilissima,
spiati per un attimo
sull’enciclopedia ho
saputo di te
quando già
mi avevi rigato le gambe
di sangue caldo:
ero una giovane bestia
con la testa scurissima
i sogni malati
il corpo sordo,
ero piccolissima
o forse mai nata e tu
eri già l’utero
di una donna avevo
paura di te,
la violenza del pene
era la giusta risposta
alla tua schifosa
dimostrazione d’esistere è
successo di colpo
non hai sanguinato più,
il mio seno è ingrossato
il mio stomaco ha avuto
fame
e nausea
nausea
e fame
canzone monotona
e assurda
domande notturne
lunghe ore
di corpo nudo
di profilo
allo specchio,
non eri mai morto
stavi fabbricandomi
un bambino
il mio cervello
è partito di corsa
dopo tante amicizie
e alleanze
contro di te,
se ne è andato
senza un saluto
ho fatto l’aborto
anche se amavo
quel bambino abbozzato
incosciente
identico a me
e tu da sasso
sei diventato ghiaia
e poi sabbia
e poi acqua
e poi fiume
e poi sangue
e ho parlato con te
e ho capito te,
ti ho sentito
e difeso
e la mia nuova coscienza
è nata dal tuo sangue
che è il mio
e la nuova coscienza
è fatta finalmente
anche di carne
e tu sei una bomba
dentro di me
pronta a vendicare
il mio lungo sonno schizofrenico
e tu ora
non devi più soffrire,
combatterai con la mia testa

ma questa volta
sarete dalla stessa parte

da «Ascolta: questa voce non può essere perduta». Poesia Femminista. Casa della donna, Pisa 27 marzo 2004

utero+giardino+sacro


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog