Titolo: Innocente
Autore: Scott Turow
Editore: Mondadori
Anno: 2010
Tutte le volte che inizio un romanzo di Turow penso: “Mamma mia, quanto è lento”. Tutte le volte che lo finisco penso: “Che peccato, ne avrei lette altre 400 pagine!”.
Probabilmente, l’impressione di lentezza deriva da un confronto (sbagliato) con l’altro bestellerista seriale del legal thriller, John Grisham. Paragone che non ha senso, perché Turow ha un passo diverso nel ritmo, certo, ma anche una capacità di approfondimento psicologico dei personaggi notevolmente più marcata rispetto a Grisham. Diciamo che Turow è slow food, Grisham fast food. E Turow ha creato un genere che Grisham ha contribuito in modo decisivo a far affermare a livello mondiale.
Venendo a “Innocente”, entriamo nel campo dei romanzi imperdibili perché vent’anni dopo “Presunto Innocente”, pietra miliare del genere e non solo, Rusty Sabich ci ricasca. Ci ricasca in molti sensi, prima in una relazione extraconiugale, questa volta con la procace ex assistente Anna, che ha la metà esatta dei suoi anni. E, soprattutto, viene nuovamente indagato per omicidio. Venti anni fa, la vittima (anzi, la presunta vittima) era stata Carolyn Polhemus, l’amante di allora. Oggi Sabich si troverà di fronte l’accusatore di sempre, Tommy Molto, e dovrà provare addirittura di non avere ucciso la moglie Barbara.
Come lo stesso autore dichiara nella prefazione, l’immagine di una donna sdraiata nel letto e di un uomo che la veglia è stata quella che ha ispirato il sequel del fortunato romanzo. L’uomo è proprio Sabich. Sessantenne alle soglie dell’elezione a giudice della corte suprema. La donna, morta e non addormentata, è proprio Barbara. Uccisa da una miscela di farmaci e cibi proibiti nelle sue condizioni di salute o da un crudele progetto del marito? Questo è il dilemma attorno a cui si muove la trama. Molto e Sabich di nuovo uno contro l’altro. Sullo sfondo, Chicago e personaggi cambiati e cresciuti rispetto a “Presunto Innocente”, a partire da Nat, il figlio di Rusty Sabich e Barbara, che verrà avvertito dal padre solo ventitré ore dopo la morte della madre. Perché? Innocente non tradisce le aspettative del lettore e regala una nuova, brutta (per lui) avventura a questo bel (per noi) personaggio, ricco di sfaccettature e contrasti. Del quale, anche dopo due romanzi, credo nessuno possa dire con certezza “colpevole o innocente”, nonostante i finali e i titoli che ci regala Turow, che sembrano quasi suggerimenti su cui il lettore può ricamare a piacimento.