Oggi sto decisamente meglio. É sempre così quando la notte faccio l’amore. Mi mette di buon umore, l’amore. Una morettina seduta di fronte a me in biblioteca. C’é stato tempismo e c’é stata collaborazione. E alla fine ho indossato un condom alla fragola e, circondati da quel profumo di plastica fruttato, ci siamo amati. La amo ancora. Non so stasera, ma adesso si, e follemente.
Ho appena smesso di leggere un libro: Innovazione Tecnologica e Gestione d’Impresa. Tutto maiuscolo, si. Dovrei tenerli io i corsi di economia per gli ingegneri: “Benvenuti al corso di Innovazione Tecnologica e Gestione d’Impresa, tutto maiuscolo, non potrò darvi meno di trenta perché avete preso trenta in Meccanica Razionale, quindi é impossibile che in un ridicolo esame di economia prendiate meno. Detto questo mettetevi in fila col libretto che vi scrivo un voto e andiamo tutti chi a sciare chi al mare”.
Comunque stavo leggendo questo libro. Carino. Scritto bene.
Si tratta di un ragazzo che per quattrocento euro si farebbe defecare sul viso (che goliardia!) da un secondo ragazzo. Non c’é niente di sessuale in questo.
É solo un’altra, diversa, sfaccettatura della crisi.
Solo una di quelle divisioni sempre più marcate tra i ricchi e i poveri. Ricchi che si possono permettere di spendere quattrocento euro per una toilette e poveri che si improvvisano toilette.
Nel procedere delle pagine la trama viene lasciata un po’ andare, l’autore inizia mano a mano a dedicarsi con spirito sempre più critico all’innovazione tecnologica. Più precisamente alla gestione dello sviluppo del prodotto. Per usare un eufemismo potremmo dire che la narrazione perde un po’ del mordente che le prime pagine invece offrivano.
Voi vi chiederete come sia possibile che un libro universitario parli di questo aneddoto, francamente, un po’ volgare. Fate bene, siete astuti. In effetti non é così, non ne parla. Voleva essere una metafora.
É un libro piuttosto inutile. Diciamocelo.
Inutile come una trasmissione di Sgarbi o un film di Moccia, non vi fa fare la figura degli intellettuali, é piccolissimo, come Sgarbi e Moccia, e come loro non hanno motivo di essere guardati, questo libro non ha motivo di essere letto. In nessun caso. Soprattutto se siete me. Ma in qualche modo sono arrivato al quinto capitolo del volume I.
Si perché ce ne sono addirittura quattro di volumi che insegnano come innovare tecnologicamente e gestire imprese. Almeno a Sgarbi il programma dopo due puntate l’hanno sospeso.
Comunque arrivato al quinto capitolo mi sono dovuto fermare. Quando si parla di economia l’effetto cercato é quello di annoiare prima che le domande inizino ad affiorare. Stratagemma utilissimo per spingere il lettore a fantasticare di quando, a diciott’anni, era in preda ad allucinazioni da funghi hawaiani accovacciato su un tavolo di legno a Christiania.
Ma con me non ha funzionato e sono riuscito ad essere critico e a trarre una conclusione che, senza banalizzare o cadere in una volgarità scontata e spicciola, si può così riassumere:
L’innovazione tecnologica com’é intesa oggi é una Cazzata.
Si, con la C maiuscola. La mia idea di innovazione tecnologica é produrre energia con un rendimento superiore all’unità, non un Retina Display del cazzo.
E pace all’anima di Steve Jobs, ma se l’innovazione é convincere la gente che l’iPad sia un’idea geniale allora, mi ripeto, l’innovazione tecnologica é una Cazzata. Non si chiama innovazione quella, si chiama marketing. E marketing in greco antico significa “riempire il culo di uno sconosciuto di oggetti finché non gli si provoca un orgasmo prostatico spingendolo a volerne sempre di più”.
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