Come una chiocciola
che la notte
bruca l’umida verdura
e il giorno chiusa
nel suo guscio
sogna il vasto oceano.
Come le megattere
che del mare
cantano il mistero,
gli oscuri abissi
e tramandano
le antiche storie
di quando
piene di dolore
lasciarono la terra.
Come le meduse
che viaggiano lontano
arrese alle correnti
e nulla sognano poiché
esse stesse sono
il sogno incorporeo
di mari dormienti.
Come un cane
alla catena
che ulula alla luna
e ricorda quando
correva libero
per le foreste
e il sapore della preda
e del suo caldo sangue.
Come una sequoia
millenaria che guarda
gli uomini come
fossero formiche
e rimpiange
un passato antico
in cui essi le cantavano
la sua grandezza e
la sua gloria.
Come il primo
respiro di un neonato
che non capisce
cosa sia il dolore
e rabbioso urla
il tempo in cui
era perso nel suo
sogno amniotico.
Come il repentino
raggrumarsi delle nubi,
e i lampi come graffi
improvvisi della tela
e quella maledetta
attesa
in sospensione
e poi finalmente
il nubifragio.
Come un uomo solo
in una stanza
mal illuminata,
gli artigli fra i capelli
che tenta di arginare
un vuoto
che non ha provenienza.
E prega che la notte
cali il suo mantello oscuro,
la sua unica amica
e gli doni, infine,
l’agognato oblio.
Lindze