di Giulio Napoleoni. 1. Questo testo è indirizzato al Dr. Alessandro Gullo, Dirigente dell’Istituto di Istruzione Superiore “Salvador Allende” di Milano, – scuola nella quale insegno Filosofia e Storia dall’a.s. 2009-2010 –, nell’ambito della raccolta, promossa dalla dirigenza di questo istituto, di proposte innovative che accolgano le possibilità aperte dalla legge n. 107 del 13 luglio 2015 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione), ma si rivolge contemporaneamente a tutti i docenti di Filosofia nella scuola superiore e a tutti coloro che sono coinvolti nel processo di ripensamento dei programmi dell’istruzione superiore, nella convinzione che l’attuale riforma non debba essere interpretata come l’invito ad una “competizione” tra istituti. In altre parole, se ci sono delle idee buone su come insegnare meglio, è bene che tutti i soggetti coinvolti ne siano a conoscenza.2. Questo testo si propone di tenere conto delle idee sull’insegnamento della filosofia di due filosofi italiani contemporanei, Franca D’Agostini e Roberto Casati, che pur avendo espresso concezioni della filosofia che presentano significative divergenze una rispetto all’altra, finiscono in realtà per convergere su alcuni punti importanti (per notizie su entrambi gli autori e per i riferimenti bibliografici si veda il punto 7 di questo testo). Oltre alla riflessione su quanto propongono questi due autori, la presente proposta tiene inoltre conto, come è naturale, della mia personale esperienza di docente della materia, esperienza iniziata nell’a.s. 1999-2000 (i licei dove ho insegnato, prima di quello attuale, sono il Parini di Milano, il Falcone e Borsellino di Arese, il Vittorini di Milano).3. L’idea di base che intendo sostenere è che l’insegnamento della filosofia non possa consistere esclusivamente nella trattazione della storia della filosofia, e che occorra introdurre contenuti di altro tipo, che espongo sinteticamente nei punti 5-6, sulla base di alcune considerazioni di ordine metafilosofico che espongo nel punto 4. In termini di orario l’idea sarebbe questa: attualmente la storia della filosofia occupa 3 ore settimanali nel triennio del liceo classico e del liceo scientifico. Si potrebbe sottrarre un’ora alla settimana in ciascun anno del triennio e si avrebbe così un monte ore totale di 90 ore circa (30 ore per ciascun anno) da dedicare ad altre cose, sempre inerenti alla filosofia. Naturalmente questo comporterebbe anche una riduzione della quantità di autori trattati nel programma di storia della filosofia. (Meno ore = meno contenuti, secondo una ovvia equazione che invece pare non sia stata tenuta in considerazione da chi, nei nuovi programmi di storia del triennio, ha aumentato la quantità di contenuti da svolgere e contemporaneamente ha diminuito le ore curricoli…) Si aprirebbe quindi una discussione, da svolgere in sede di Dipartimento di Filosofia e Storia, su quali siano gli autori veramente importanti e irrinunciabili in ciascun anno del triennio. La mia proposta a questo riguardo, molto sinteticamente, è questa: in terza la filosofia antica e tardo-antica (fino ad Agostino), dando spazio a Platone e Aristotele; in quarta (tagliando il Medioevo tranne Tommaso) la filosofia moderna (ma senza Rinascimento) con due razionalisti, due empiristi e ampio spazio a Kant; in quinta un Ottocento sintetizzato (Hegel, Marx, Nietzsche) e più spazio al Novecento, con una scelta equilibrata di autori/tematiche che renda conto della frattura fra tradizione continentale e tradizione analitica.4. Per migliorare l’insegnamento della filosofia occorre innanzitutto porsi la domanda metafilosofica: che cos’è la filosofia? Una buona risposta da cui partire è la definizione che Franca D’Agostini elabora nel suo testo metafilosofico di maggiore impegno (si veda il punto 7): “la filosofia è una scienza dei fondamenti, dove scienza è attività razionale di soluzione o elaborazione di problemi, e fondamenti sono le credenze di fondo, più o meno comuni, che orientano dubbi e certezze”. I problemi filosofici sono tali perché mettono in questione alcuni concetti particolari (che D’Agostini chiama “superconcetti”) che hanno “speciali proprietà ordinatrici e orientative”: verità, essere (o realtà), bene sono i più importanti, ma ve ne sono anche altri e il loro insieme è aperto: conoscenza, esistenza, bello, giusto, valore, natura, storia, tempo, spazio, azione, energia, vita, pensiero, coscienza… “Le proprietà principali dei superconcetti sono schematicamente tre: l’autoriferibilità” (pensare il pensiero, conoscere la conoscenza, valutare la valutazione…), “la determinazione reciproca o convertibilità dei rapporti di fondazione” (la conoscenza può essere usata per definire la realtà, e la realtà per definire la conoscenza…), “il reciproco negarsi o contrastarsi” (la conoscenza può tendere a dominare sulla realtà, fino ad annullarla: forme di fenomenismo scettico; oppure, dal contrasto storia-verità proviene il relativismo storicista… “Il caso in cui ciascun concetto è fatto agire contro tutti gli altri si definisce nichilismo”). Ogni lavoro filosofico, cioè ogni lavoro sui fondamenti (cioè sui concetti fondamentali) è esposto a rischi di cui occorre tenere conto: “Nella pratica dei superconcetti, in altre parole, basterà tenere conto che i superconcetti si autoriferiscono e che questo può dar luogo a regressi;” (all’infinito) “si determinano reciprocamente, e questo può dare luogo a circoli;” (viziosi) “si contrastano reciprocamente, e dunque la loro definizione (se evita il circolo o il regresso) rischia di essere arbitraria o dogmatica”. Abbiamo quindi qui proposta un’immagine della filosofia come scienza, una scienza che lavora su concetti fondamentali cercando di definirli, analizzarli, indagarne i reciproci rapporti, avendo di mira obiettivi di chiarificazione, orientamento, fondazione: “I filosofi, come ritenevano anche gli antichi, sono i più concreti e pratici tra gli uomini: ma ciò avviene perché trattano anche l’astratto come se fosse concreto, e fanno della teoria una prassi. Naturalmente questo avvicina i filosofi ai matematici, e non credo sbagli chi ritiene che la filosofia sia una specie di matematica allargata, ossia: un’impresa teorica che lavora con oggetti puri o parzialmente tali, ma è interessata alle loro origini e alle loro applicazioni impure, cioè ai loro rapporti con la reltà naturale, culturale e storica, con le forme di vita e con i moventi dell’azione”. All’opposto (ma l’opposizione è più superficiale che sostanziale) abbiamo una concezione come quella di Roberto Casati, per il quale la filosofia è un’arte, l’arte del negoziare concetti. “Tipicamente in un negoziato concettuale si cerca di imbastire una spiegazione o una narrazione che ci permettano di ricomporre una tensione concettuale.” E quando si creano le tensioni concettuali? “ovunque dei cambiamenti in quello che sappiamo o in quello che facciamo esercitano una pressione sulle idee nelle quali fino ad allora ci eravamo cullati riguardo alle situazioni del mondo che ci circonda. Sono cambiamenti dovuti alle nuove conoscenze che la scienza ci propone; a nuovi assetti della società; a profonde trasformazioni nella nostra vita personale.” In altri termini i filosofi entrano in azione quando siamo costretti a rivedere idee, abitudini, modi di agire consolidati. I filosofi possono inventare nuove opzioni concettuali, o fornire criteri comuni di giudizio che permettano il dialogo tra concezioni del mondo differenti. I filosofi sono “negoziatori concettuali per vocazione o per professione”, ma Casati sostiene anche che c’è molta filosofia in luoghi e situazioni che non sono le aule delle facoltà di Filosofia: “troviamo negoziati concettuali quando abbiamo fusioni aziendali e dobbiamo far dialogare diverse culture di impresa, quando decidiamo quali statistiche sono pertinenti per valutare il senso di insicurezza, quando ci poniamo domande sulla natura corpuscolare o ondulatoria della luce, quando ci prefiggiamo degli obiettivi educativi, quando aiutiamo i nostri figli a crescere, quando accettiamo di star invecchiando”. Apparentemente abbiamo quindi appena richiamato due concezioni molto diverse della filosofia: scienza dei fondamenti, arte del negoziato concettuale. Ma innanzitutto notiamo che entrambe le concezioni riconoscono che la materia con cui la filosofia lavora sono i concetti, e se andiamo poi a vedere come i due filosofi che abbiamo scelto descrivono la pratica filosofica, ci accorgiamo che in realtà convergono sul riconoscere la filosofia come un’attività che mette in gioco una serie di strumenti e tecniche del pensiero, del ragionamento, dell’immaginazione, ed è proprio sull’insegnamento di questi strumenti e di queste tecniche che si basa la presente proposta. Sarebbe troppo lungo ricostruire qui i percorsi convergenti di questi due filosofi (qualche cenno lo si può trovare nel punto 7), mentre è più importante qui mostrare in concreto quali contenuti possono realmente formare gli studenti alla filosofia come pratica discussiva, critica, e capace di creare ponti e mediazioni in difficili situazioni di transizione o di conflittualità.5. I contenuti nuovi delle ore di filosofia (quelle 90 ore che risulterebbero dalla riduzione della storia della filosofia) dovrebbero quindi riguardare proprio l’apprendimento di alcune capacità fondamentali che appartengono alla tradizione filosofica ma che dovrebbero appartenere a tutti i cittadini in una società democratica: la capacità di ragionare in modo corretto, per poter dialogare razionalmente con gli altri ed essere in grado di riconoscere chi dice la verità e chi mente; la capacità di analizzare le motivazioni del proprio agire e dell’agire altrui; la capacità di esplorare il campo delle possibilità alternative di fronte a una situazione problematica o confusa; la capacità di confrontare punti di vista diversi sul mondo e modi diversi di agire. 1) Una parte importante di queste ore dovrebbe essere dedicata allo studio e alla pratica della logica (logica enunciativa e logica predicativa, sulla base della deduzione naturale), in stretta connessione con la teoria dell’argomentazione e con l’analisi delle fallacie (argomenti che sembrano corretti ma non lo sono realmente). Andrebbero anche mostrate almeno le impostazioni di base di alcune logiche non classiche, in particolare la logiche modali (che studiano i ragionamenti che coinvolgono il possibile e il necessario, e avviano quindi al pensiero “parametrico”, divergente), le logiche paraconsistenti (che violano il principio di non contraddizione, da studiarsi insieme all’analisi dei paradossi), la logica fuzzy (che studia ragionamenti in cui è coinvolta la vaghezza concettuale). Prima di proseguire rispondo a una prevedibile obiezione: perché la logica e non invece, poniamo, l’etica, l’estetica o l’ontologia? Il motivo principale è la connessione tra competenze logico-argomentative e cittadinanza democratica. Ma in secondo luogo anche il fatto che ragionare in modo corretto serve a costruire e valutare discorsi in tutti i campi specifici della filosofia sopra ricordati, quindi è una capacità preliminare, basilare, trasversale ai “settori” della filosofia (la stessa ragione per cui Andronico di Rodi ha classificato le opere aristoteliche di logica come Organon, strumento…). 2) Vi sono poi alcune teorie (che chiamiamo per sintetizzarle “teorie integrative”), che andrebbero proposte sempre in modo esperienziale, pratico, importanti per educare alla cooperazione e alla comprensione della diversità: la teoria delle decisioni, la teoria dei giochi, l’ermeneutica, le teorie sulla gestione dei conflitti e sull’arte di ascoltare (ascolto attivo, autoconsapevolezza emozionale) 3) Andrebbero insegnate anche tecniche tipiche del lavoro filosofico (attraverso l’analisi di testi o la discussione guidata su casi o problemi specifici) quali l’analisi concettuale (correlata alla ricerca di definizioni e distinzioni), la ricerca di esempi e controesempi, la costruzione di esperimenti mentali, il ricorso all’analogia (tra argomentazioni e tra problemi), l’esplicitazione dell’implicito e del presupposto, la sperimentazione dello straniamento (guardare le cose come se fossero altro). Una particolare attenzione andrebbe posta, anche nel modo di presentare la storia della filosofia, all’analisi di quali operazioni sui superconcetti ciascun filosofo di fatto ha prodotto con le sue teorie e le sue tesi.6. Ipotesi di ripartizione dei nuovi contenuti nel triennio:(nel passare da una classe alla successiva le abilità legate ai contenuti dell’anno precedente andrebbero continuamente coltivate ed esercitate)classi terze:riconoscimento di premesse e conclusioni in un testo argomentativotraduzione dal linguaggio naturale al linguaggio logicologica enunciativaricerca di esempi e controesempiricorso all’analogiaclassi quarte:logica predicativaanalisi delle fallacieanalisi concettualeesplicitazione dell’implicito e del presuppostocostruzione di esperimenti mentaliclassi quinte:esplorazione di base di alcune logiche non classicheteorie integrative (teoria delle decisioni, teoria dei giochi, ermeneutica…)sperimentazione dello straniamentoteoria delle operazioni superconcettuali7. Franca D’Agostini insegna Filosofia della scienza al Politecnico di Torino e Logica ed Epistemologia delle scienze sociali all’Università Statale di Milano. La sua riflessione metafilosofica inizia con Analitici e continentali (1997), forse il suo testo più famoso, tradotto in varie lingue, e prosegue con Breve storia della filosofia nel Novecento (1999) per approdare poi al suo testo metafilosofico maggiore: Nel chiuso di una stanza con la testa in vacanza. Dieci lezioni sulla filosofia contemporanea (Carocci, 2005), da cui sono tratte le citazioni di questo testo. L’idea che la logica vada insegnata come disciplina di base nelle scuole è sua; ne parla da molti anni e ha scritto diversi testi che possono servire come manuali a questo scopo: Le ali del pensiero (2003, ripubblicato quest’anno da Carocci), Verità avvelenata. Buoni e cattivi argomenti nel dibattito pubblico (Bollati Boringhieri 2010), un testo che ha avuto molto seguito e continua ad essere ristampato, I mondi comunque possibili. Logica per la filosofia e il ragionamento comune (Bollati Boringhieri 2012), Logica in pratica (Carocci 2013). Dietro a questa idea c’è l’idea che la democrazia sia “filosofia al potere”, non nel senso di Platone, ma nel senso che la vita democratica si basa su buoni ragionamenti, orientati al vero e al bene, e si nutre di confronto di opinioni e di discussione critica. Preziose riflessioni sull’insegnamento della filosofia sono contenute nella sezione 3.6 di Nel chiuso (cit.), a partire da questa impostazione: “In linea di principio, in qualsiasi materia, dovrebbero esserci tre tipi diversi di lavoro da svolgere e tre obiettivi didattici: 1. formazione di abilità; 2. trasmissione di informazioni di tipo storico; 3. trasmissione di informazioni di tipo teorico o sistematico”. Ma tutto il volume si può leggere in questa chiave, dal momento che dopo i primi quattro capitoli, dedicati a questioni metafilosofiche, il capitolo 5 (“Metodi e tecniche filosofiche”) introduce a una seconda parte del libro dedicata ad illustrare i contributi che alla definizione di questi metodi hanno dato la logica (capitolo 6), la fenomenologia (cap. 7), l’ermenenutica (cap. 8: qui D’Agostini sintetizza in dieci regole il “metodo ermeneutico”, nella sezione 8.3.4., ed è a questa presentazione che penso quando inserisco l’ermeneutica fra le “teorie integrative”) e la filosofia analitica (cap. 9). Roberto Casati è direttore di ricerca del CNRS all’Institut Nicod a Parigi. Le citazioni in questo testo sono tratte dal suo libro Prima lezione di filosofia, Editori Laterza 2011. Si tratta di un testo metafilosofico molto stimolante e tutto costruito con esempi, ma contiene un’idea precisa di filosofia che l’autore esplicita in vari punti del testo. Il fatto che la filosofia sia diffusa (molto presente in discipline e pratiche non filosofiche) e che sia un’arte rendono secondo Casati normale il fatto che non abbia un canone: neanche la storia della filosofia si può considerare un canone (pur essendo l’unica cosa che assomigli a una “base fattuale” della disciplina), perché impararla non è necessario né sufficiente per essere dei buoni filosofi. Pur esprimendo su certi punti una posizione che definirei “estremizzante”, ritengo che la sua immagine della filosofia sia in buona parte valida e rispondente al vero, e sottolineo infine che al di là della tesi che Casati mette al centro del libro (la filosofia come arte diffusa), sostiene poi anche, al margine, un’immagine della filosofia come “metateoria delle metateorie”: ogni questione filosofica sarebbe una questione metodologica, metadisciplinare. In questo vedo una certa convergenza con il pensiero metafilosofico di D’Agostini. Personalmente ritengo che la filosofia si collochi a metà strada tra l’essere una scienza e l’essere un’arte, e penso che il punto su cui le posizioni di D’Agostini e Casati divergono maggiormente riguardi il giudizio su quali siano le basi prevalenti del comportamento umano: ragionamenti (eventualmente sbagliati) secondo D’Agostini, impulsi (o giustificazioni parziali) secondo Casati.
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Creato il 12 dicembre 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornaliI suoi ultimi articoli
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