Una meravigliosa canzone di Giorgio Gaber diceva 'Non insegnate ai bambini, non insegnate la vostra morale', 'ma se proprio volete insegnate soltanto la magia della vita'. Lasciate liberi i bambini di apprendere, di imparare da soli, di vivere la loro fantasia e di crescere con il potere dell'immaginazione. Il bambino ha davvero bisogno dei nostri insegnamenti, dei nostri principi morali, della nostra etica, dei nostri pregiudizi? Secondo Gaber no. E secondo me - che di esperienza non posso averne - nemmeno. Ma se io fossi bambino, chiederei: Non insegnatemi niente, insegnatemi a leggere!
Non voglio mettere in discussione il ruolo educativo del genitore, importante punto di riferimento nella vita di un bambino. Il problema è quando la conoscenza e le esperienze del bambino vengono costruite su un unico modello educativo, quello imposto dai genitori, senza possibilità di spaziare nella realtà e nelle dimensioni che la mente di bambino può aprire, orizzonti lontani, mondi immensi e svincolati dai pregiudizi o schemi imposti dalla società e dalle sue consuetudini.
Ecco allora il grido, che avrei desiderato poter urlare anni fa: Insegntemi a leggere! Insegnate a leggere ai bambini! Perché ne hanno bisogno. Leggere, vivere storie, nuovi mondi, conoscere personaggi fantastici, scendere a compromessi con la vita, affrontare problemi e risolverli, attraverso uno schermo protettivo, la pagina, che ci permette di trarre dalla vita solo il meglio, senza privarci tuttavia del lato meno piacevole della realtà, quello con cui, prima o poi, dovremo confrontarci.
Non c'è motivo di privare i bambini del piacere della lettura, di questa grande fonte di felicità, di conoscenza e di consapevolezza di sé.
E non potete aspettare che sia il bambino a chiederlo. Dovete essere voi, genitori, a fare il primo passo: leggendo una favola, una fiaba, raccontando storie. Dovete far germogliare in lui quell'amore sincero e spontaneo per la lettura, che comincerà poi a coltivare autonomamente; prestando, tuttavia, attenzione affinché leggere non diventi una costrizione. Perché, si sa, far leggere i Promessi Sposi a tredici anni (come si fa alle scuole medie), non può far bene.




