Due gruppi di ricerca sono andati alla caccia dei buchi neri di massa intermedia che potrebbero essere all'origine delle sorgenti X ultraluminose. Dai risultati, ottenuti soprattutto grazie al satellite NuSTAR, emergono invece buchi neri "borderline": piuttosto obesi per essere considerati piccoli, ma di massa insufficiente per entrare a pieno titolo nella categoria dei pesi medi.
di Stefano Parisini 28/11/2013 16:34I punti viola in quest’immagine mostrano due buchi neri nella galassia NGC 1313, entrambi appartenenti alla categoria delle ULX, le sorgenti X ultraluminose. Il buco nero più vicino al centro galattico è stimato tra le 70 e le 100 masse solari, l’altro attorno alle 30. I dati sono stati ottenuti con il telescopio spaziale NuSTAR della NASA e sovraimposti a un’immagine della galassia della Digitized Sky Survey. Crediti: NASA/JPL-Caltech/IRAP
Due studi in via di pubblicazione sulla rivista Astrophysical Journal raccontano altrettante tappe del travagliato viaggio degli astrofisici verso la comprensione dei buchi neri di taglia intermedia.
Il centro delle galassie è generalmente dominato da buchi neri supermassicci, centinaia di milioni o miliardi di volte la massa del Sole. Il resto del paesaggio galattico è punteggiato di piccoli buchi neri cosiddetti stellari, originati nel collasso di stelle pesanti una decina di volte il Sole.
Non è ancora chiaro se si possano formare buchi neri di taglia intermedia tra questi due estremi. L’indicazione che questa classe media abbia effettivamente dei rappresentanti potrebbe venire da una categoria di oggetti chiamata ULX, sorgenti di raggi X ultraluminose.
Si tratta di coppie in cui un buco nero si ciba voracemente di una normale stella, emettendo una intensa radiazione X. Un banchetto che ricorda quelli pantagruelici che avvengono attorno ai buchi neri supermassicci, ma non così grandi e caotici. Inoltre, gli ULX sono localizzati in mezzo alle galassie, non al loro centro.
Il brillante bagliore in raggi X proveniente dagli ULX è troppo intenso per essere prodotto da un tipico buco nero di massa stellare. Se l’emissione fosse effettivamente causata da buchi neri di taglia intermedia, e non da fenomeni fisici ancora sconosciuti, gli scienziati ritengono che questi oggetti dovrebbero avere una massa compresa tra le 100 e le 10 000 volte quella del Sole.
Nel primo dei due studi su Astrophysical Journal, un gruppo di ricerca, guidato da Dominic Walton del California Institute of Technology, riporta la scoperta casuale di un ULX rimasto finora inosservato, a 13 milioni di anni luce nella galassia a spirale del Compasso.
Il gruppo ha studiato l’oggetto con i telescopi spaziali NuSTAR della NASA e XMM-Newton dell’ESA, avvalendosi anche degli archivi dati delle sonde Chandra, Swift, Spitzer e Suzaku. I risultati indicano che il buco nero in questione ha una massa pari circa a 100 volte quella solare, ponendolo esattamente al confine tra la categoria piccoli e quella intermedi.
Il telescopio spaziale NuSTAR (Nuclear Spectroscopic Telescope Array), recentemente entrato in attività, si è rivelato particolarmente efficace per queste ricerche poiché è in grado di focalizzare i raggi X provenienti dagli ULX, permettendo di stimare la massa e altre caratteristiche con più accuratezza.
E’ quello che ha fatto nell’altro studio il gruppo di ricerca guidato da Matteo Bachetti dell’IRAP, l’Istituto di ricerca in astrofisica e planetologia francese. L’indagine ha riguardato due degli ULX finora meglio studiati, risiedenti nella galassia NGC 1313, più conosciuta come galassia Sotto-sopra (Topsy Turvy), sempre a circa 13 milioni di anni luce dalla Terra.
E’ bastato un singolo sguardo di NuSTAR per capire che quei buchi neri non corrispondevano affatto all’esemplare teorico di taglia intermedia. Così i ricercatori ora ritengono che entrambi gli ULX ospitino dei piccoli, ordinari, buchi neri di massa stellare. Uno dei due, per la verità, è stimato essere piuttosto imponente per la sua categoria: tra le 70 e le 100 masse solari.
“E’ possibile che questi oggetti siano ultraluminosi poiché stanno inglobando materiale molto velocemente, piuttosto che a causa delle loro dimensioni” spiega Bachetti. “Se ci sono buchi neri di massa intermedia là fuori da qualche parte, stanno veramente facendo un ottimo lavoro per non farsi vedere da noi”.
Fonte: Media INAF | Scritto da Stefano Parisini