Insicuri, ma liberi I ventenni russi dopo il comunismo

Da Astonvilla

MOSCA

Mosca, le quattro del mattino. Nelle budella di una colossale struttura di cemento armato utilizzata come deposito per il grano ai tempi dell’Unione Sovietica. Oggi chiamato Gaudy, è il luogo più alla moda per le nottate di musica trance in tutta la Russia. All’interno, migliaia di giovani raver boccheggiano tra note assordanti e raggi verdi intermittenti.
Fasciata da un’attillata tuta da ginnastica fluorescente, Tatyana balla scatenata sotto la scritta «Trance We Love», alla sua seconda pasticca di ecstasy della serata. Ha 21 anni e, come quasi tutti intorno a lei nel club, è troppo giovane per ricordare l’Unione Sovietica. È difficile immaginarsi esattamente cosa starebbero facendo Tatyana e i suoi amici raver in una serata come questa se Mosca fosse ancora la capitale dell’impero comunista più grande del mondo. Ma la scena a Gaudy di certo non potrebbe essere piu diversa.
Quest’anno segna il ventesimo anniversario della dissoluzione dell’Unione Sovietica che cessò di esistere nel 1991. Quindi, il 2011 è anche l’anno in cui i russi della prima generazione dopo il collasso sovietico compiono vent’anni. Diversamente dai loro nonni, nonne, madri, padri e perfino dai loro fratelli e sorelle più vecchi, i russi classe 1991 non sono cresciuti sotto il comunismo. Non sono diventati grandi al suono delle dottrine marxiste-leniniste e sono liberi di viaggiare in Occidente. Ma qual è la visione del mondo della prima generazione post-sovietica e in che cosa si distinguono dai loro predecessori comunisti? Qual è il loro senso della storia e come vedono la Russia e il suo posto nel mondo?
Quando l’ho chiesto a Mikhail Gorbachev, l’uomo più celebrato in Occidente e diffamato in Russia per essere stato il primo protagonista nella catena di eventi che portarono alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, non ha esitato: «Una cosa è certa», mi ha detto il Nobel per la Pace. «I giovani russi non vogliono tornare al vecchio sistema. Nyet! Quando uno gli racconta di come si viveva allora reagiscono con grande sorpresa». «La nuova generazione è del tutto libera. I giovani possono andare dove vogliono e leggere ciò che vogliono. La libertà è di gran lunga la cosa più importante. Penso che la maggior parte dei giovani intelligenti la comprendano e le diano il giusto valore».
La gioventù russa odierna ha perso le certezze e i forti schemi ideologici dell’epoca sovietica ma ha ottenuto la libertà di pensiero e di azione. Può viaggiare. È investita di potere. Se paragonata alle sfide affrontate dai loro genitori, la vita per i ragazzi del 1991 è mediamente migliore e più equilibrata. I padri e le madri dei giovani russi di oggi sono nati e cresciuti ai tempi dell’Unione Sovietica quando il loro futuro era già scritto ma sono diventati maggiorenni quando il comunismo è caduto e tutto è cambiato. Per loro il 1991 è stato l’anno zero. «Quando i miei genitori mi raccontano di come dovevano fare ore di coda per comprare delle salsicce, lo trovo surreale. Ci fa ridere», dice Natalia Volkova, la figlia ventenne di un ricco uomo d’affari moscovita. «Hanno vissuto difficoltà per me impossibili da immaginare. Non ho fratelli né sorelle perché, nei primi anni Novanta, i miei genitori erano troppo preoccupati del futuro per avere più figli».
La classe 1991 è la generazione di Vladimir Putin, l’uomo forte della Russia dal 2000 – prima come presidente e oggi da premier. È sotto il suo potere che hanno vissuto la loro adolescenza e hanno visto la Russia diventare sempre più autoritaria ma anche più ricca e ottimista. Il risultato è che i giovani russi hanno una fiducia nel futuro che ai loro genitori mancava del tutto. «Ho solo 37 anni ma ho visto scaffali vuoti e code senza fine per un po’ di cibo», dice Larisa Pautova, il maggior esperto di giovani del Public Opinion Fund (Fom), il più accreditato istituto indipendente per i sondaggi in Russia. «La nuova generazione cerca i cafè, i negozi, il divertimento, hanno tutti il cellulare e passano del tempo sui social network. Sono stati cresciuti nel consumismo di massa. Sono persone completamente nuove perché il Paese ha vissuto mutamenti drammatici e il contesto politico è del tutto diverso». Per il sollievo del Cremlino che era stato fortemente allarmato dalla rivoluzione per la democrazia guidata dagli studenti in Ucraina cinque anni fa, gli esperti del Fom sono giunti alla conclusione che che è molto improbabile che i giovani russi scendano in piazza.
Diversamente da Pautova e dai suoi pari, molti dei quali sognavano di partire per l’Occidente quando avevano poco più di vent’anni, la maggior parte dei giovani russi oggi vede il proprio futuro in patria. L’America e la sua cultura, additate come immorali ai tempi dell’Unione Sovietica, diventarono un faro per i russi diventati maggiorenni dopo il collasso del Comunismo, quando Rambo era un film cult e jeans uno status symbol. Quest’adulazione ha avuto vita breve, e oggi solo un pugno di giovani russi idolatra l’America. Molti altri sono sospettosi. «Non credo agli Stati Uniti», dice Alexei Karotin, un attivista politico di sinistra nato nel 1991. «I miei genitori erano affascinati dagli Usa perché erano irraggiungibili. Per me e per i miei amici, quello è un Paese che si comporta da prepotente e vorrebbe vedere la Russia debole».
I dati di Pautova dipingono i giovani russi come interessati ai soldi, ma sempre di più anche alla propria realizzazione, reputazione e status. Sono più individualisti e mentalmente indipendenti dei loro progenitori cresciuti in un sistema di regime. E, ancora, la cosa più sorprendente, nello studio del Fom, è la crescente fiducia dei giovani russi nello Stato – un sentimento forte in epoca sovietica che andò completamente perso nella prima decade dopo il collasso del Comunismo.
Alla domanda su quale sia il loro datore di lavoro ideale, la maggior parte ha indicato Gazprom, il gigante statale del gas, l’amministrazione presidenziale e il Ministero degli Interni – un organismo considerato corrotto e inefficiente dalla maggioranza della popolazione. Le aziende giovanili straniere come Google e Apple sono state messe per ultime, in netto contrasto con i primi anni Novanta quando, come ha ricordato un amico di recente, le ragazze gli cadevano fra le braccia quando diceva loro che lavorava per Adidas. «La nuova generazione è molto pragmatica e meno idealista», dice Pautova. «Lo Stato è visto come una scommessa sicura. Per loro la corruzione non è un a grande questione. La accettano come un fatto della vita. In questo senso, sono più conformisti dei loro genitori nati ai tempi sovietici ma che hanno vissuto un periodo di libertà frivola». Come nel mondo occidentale, i giovani in Russia sono una generazione online. Solo il 38% della popolazione del Paese utilizza Internet, ma il dato nazionale per i giovani di età compresa fra i 18 e i 24 anni è quasi il doppio e raggiunge il 96% a Mosca.
Ai tempi dell’Unione Sovietica, i giovani sognavano di diventare cosmonauti, ufficiali dell’esercito, medici, insegnanti e ingegneri. Oggi i ventenni russi si vedono come manager, uomini d’affari, pubblicitari, pr e poliziotti. Molte giovani donne vorrebbero diventare attrici o modelli, e anche sposare un uomo ricco è un obiettivo. La classe 1991, che voterà per la prima volta alle presidenziali del 2012, è in maggioranza apolitica ma adora Putin e il suo protetto, il presidente Dmitry Medvedev. Recenti sondaggi di popolarità tra i giovani hanno registrato l’82% per il premier e il 76% per il presidente. Considerato che la Russia è lontana dall’essere una democrazia di modello occidentale, la vera profondità di questo sostegno è difficile da misurare.
Ma, in superficie almeno, sembrerebbe che, se si pensa alla presa del Cremlino sul suo popolo, alcune cose siano cambiate meno di quanto possiamo immaginare.

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