Narrare le mie tristi e noiose gesta quotidiane è un’attività soporifera, figuriamoci ascoltarle, quindi senza ulteriore indugio lasciamo che siano le immagini a parlare dell’ultimo paio di settimane, esclusivamente attraverso i luoghi in cui ho vegetato trascorso il tempo.
#Ufficio.
Lavorare in ufficio è per me una tortura debilitante, tenere il poderoso fondoschiena attaccato alla sedia per otto ore senza possibilità di – che so, correre in studio o in montaggio perché sta succedendo qualcosa di imprevisto e potenzialmente catastrofico mi intristisce. Ah, i bei tempi della tivù.
Ad ogni modo, ciò che faccio nei momenti di pausa è abbastanza evidente: fotografarmi i vestiti e gli accessori. Perché se c’è qualcosa a cui mai mi piegherò, è rinunciare ai bijoux pacchiani e chiassosi solo perché quotidianamente interagisco con due sole persone.
Abbiamo quindi l’accoppiata nero/fucsia, senza maniche e con maniche improbabili con le quali ho deciso di omaggiare Crimson Peak (di cui parleremo lunedì), un improvviso momento di sobrietà con borsa a busta nera e berretto in lana grigio, la ruota dei mesi dei maya appesa al collo, una ricaduta nell’abisso del blu in un giorno particolarmente soleggiato e una rivisitazione involontaria di Pocahontas.
A fare da sfondo all’elegantissimo collage qui sopra, un tramonto tironso particolarmente bello fotografato nella frazione di secondo tra il momento in cui esco dall’ufficio e quello in cui corro à la Forrest Gump verso la fermata dell’autobus.
#Casa.
Oh signùr, come direbbero dalle parti mie. O in alternativa maronn’, come direbbero sempre dalle stesse parti, magari solo dall’altro lato del pianerottolo.
Possiamo ammirare nel collage soprastante il fallimento del processo evolutivo verso un’apparire meno chiassoso, più minimale e che non provochi il distacco della retina ai passanti.
Partita da un ton-sur-ton con il divano di casa, passata al nero più grigio, finalmente approdata ad un sobrio bianco e nero (anche se i calzini con le rondini suggerirebbero diversamente), il processo di settimane si è miseramente incagliato per colpa di un colletto a fiori con due borchie a mo’ di decorazione. Povero chi mi ha incontrata quel giorno.
#Fuori.
Misera è la mia vita quando viaggio troppo poco. Nelle ultime settimane mi son dovuta accontentare di una gita a Shkoder (Scutari): durante il tragitto ho immortalato la campagna albanese, arrivata in città ho fotografato una moschea che sorge accanto a una chiesa – come se qui fosse una novità – e tornata a Tirana, mi sono seduta su dei gradini per fotografarmi gli stivali.
Non solo: visto che tre foto erano un po’ pochine per un collage, ho riproposto il tramonto sul Bllok che faceva da sfondo alla composizione #ufficio.
L’autunno mi sta distruggendo, finirò come le ragazze trendy di Instagram che si truccano e s’acchittano per stare in casa a farsi i selfie.
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