Una grande anteprima: Cezanne A Roma al Vittoriano
Cezanne e gli Artisti italiani del XX secolo
4 ottobre 2013 / 2 febbraio 2014
Complesso del Vittoriano, Via San Pietro in Carcere (Fori Imperiali) Roma
Dopo la mostra dedicata a Cubisti, il Complesso del Vittoriano ospita Cezanne e gli Artisti del XX secolo dal 4 ottobre 2013 al 2 febbraio 2014.
Paul Cézanne (nato a Aix en Provence - Francia, 19/1/1839, morto a Aix en Provence - Francia, 22/10/1906) è stato un artista e pittore francese post-impressionista il cui lavoro ha posto le basi del passaggio dalla concezione di sforzo artistico del 19 ° secolo ad un nuovo e radicalmente diverso mondo dell'arte nel 20 ° secolo. Cézanne è stato il ponte tra tardo Impressionismo 19 ° secolo e la nuova linea del 20esimo secolo di ricerca artistica, il Cubismo. Sia Matisse e Picasso si dice che abbiano osservato che Cézanne "è il padre di tutti noi".
L’opera intensa e monumentale di Paul Cézanne, la sua
capacità di ridurre la forma ai suoi termini essenziali, pur senza
dimenticare l’esperienza che gli ha consentito di scoprire la
luminosità del colore, penetra nell’arte italiana del XX secolo, sia
nutrendo la creatività degli artisti, sia operando una notevole
suggestione a livello diffuso. Nel nostro paese l’artista francese è avvertito da un lato come un innovatore, padre del Cubismo e dell’arte pura, dall’altro come un classico, vicino ai grandi esempi della nostra tradizione. Inoltre, nell’atmosfera di rinnovamento creatasi dopo il secondo conflitto mondiale, la tendenza alla disintegrazione dell’immagine, evidente nell’ultima parte del percorso cézanniano, suggerisce vie nuove e ardite ad artisti pronti ad affrontare le esperienze dei linguaggi astratti.
Questi due termini costituiscono gli estremi dell’originale indagine del volume che accompagna l’esposizione romana e che propone un confronto diretto fra le opere di Cézanne e quelle di alcuni tra i più importanti artisti italiani del XX secolo: da Umberto Boccioni, che vede la lezione del pittore francese come stimolo fondamentale nei confronti della necessità urgente di un mutamento, a Giorgio Morandi, cézanniano nella scelta dei temi, fino agli artisti che nel secondo dopoguerra, influenzati dal linguaggio ellittico dell’ultimo Cézanne, affrontano stilemi astratti o “astratto-concreti”, da Afro a Scialoja, Corpora, Morlotti, Pirandello.
Catalogo a cura di Maria Teresa Benedetti , Alain Tapié
L’opera intensa e monumentale di Paul Cézanne, la sua capacità di ridurre la forma ai suoi termini essenziali, pur senza dimenticare l’esperienza che gli ha consentito di scoprire la luminosità del colore, penetra nell’arte italiana del XX secolo, sia nutrendo la creatività degli artisti, sia operando una notevole suggestione a livello diffuso. L’esigenza strutturante, che ha indotto l’artista a operare una scelta fra i dati naturali, la sua capacità di esaltare l’evidenza volumetrica e la consistenza degli oggetti, fondendo i vari elementi in unità sintetiche, hanno costituito un esempio da noi per molti versi fondamentale. La quotidianità elevata a simboli profondi, la lunga insistenza sugli stessi temi sono stati intesi come elementi rappresentativi di una altissima moralità dell’operare artistico, in grado di dare fiducia anche in momenti di disorientamento, rispondendo all’esigenza di un recupero di valori.
Quanto alla circolazione della sua opera nel nostro paese, presenze sporadiche si registrano in varie esposizioni, dalla Prima mostra di Impressionismo francese a Firenze nel 1910 curata da Ardengo Soffici, alla rassegna dedicata a Cézanne alla Biennale veneziana del 1920, con 28 dipinti provenienti quasi esclusivamente dalle collezioni fiorentine Fabbri e Loeser, poi disperse negli anni Venti. Fin dall’inizio del secondo decennio, letterati, critici e artisti si occupano di Cézanne sulle pagine de “La Voce”, rivista nei cui quaderni escono tavole delle sue opere. Soffici intende lo spirito di geometria e la sintesi formale cézanniana come preziose specificità e Roberto Longhi, nel 1914, definisce Cézanne “il più grande artista dell’era moderna, il cui testamento pittorico potrebbe essere quello di Piero dei Franceschi”. L’artista è avvertito da un lato come un innovatore, padre del Cubismo e dell’arte pura, dall’altro come un classico, vicino ai grandi esempi della nostra tradizione. Inoltre, nell’atmosfera di rinnovamento creatasi dopo il secondo conflitto mondiale, la tendenza alla disintegrazione dell’immagine, evidente nell’ultima parte del percorso cézanniano, suggerisce vie nuove e ardite ad artisti pronti ad affrontare le esperienze dei linguaggi astratti.
Questi due termini costituiscono gli estremi della nostra indagine. Riferiamoci ora direttamente ad alcuni artisti, fra i più importanti, per definire il taglio della mostra, documentare il metodo adottato, mostrando al vivo, ove possibile, un confronto diretto fra le opere.
Umberto Boccioni, conclusa da leader l’esperienza futurista, ritorna nel 1915 alla figurazione utilizzando una materia cromatica densa, ottenuta attraverso una solidificazione della luce. Nelle non numerose opere, eseguite fino alla metà del 1916 (fra le quali campeggia il Ritratto del maestro Ferruccio Busoni), data della morte a soli 34 anni, egli si volge alla lezione del pittore francese, intesa come stimolo fondamentale nei confronti della necessità urgente di un mutamento.
Il più cézanniano degli artisti italiani, Giorgio Morandi, è vicino a Cézanne nella scelta di pochi temi, oltre che nell’analogia di una vita sobria e severa, fedele ai luoghi nativi. Fin da ragazzo, egli entra in contatto con l’artista che avrebbe rappresentato per lui una fonte figurativa fondamentale, oltre che la principale spinta propulsiva per intraprendere un cammino di modernità.
Le citazioni di opere cézanniane riscontrabili nei suoi quadri giovanili (dal Paesaggio del 1911, mutuato su La tranchée di Cézanne, al Paesaggio del 1914, che riproduce parte del Pont de Maincy, alle Bagnanti del 1916, mutuate anch’esse su Cézanne) sono, come dirà egli stesso, analoghe agli esercizi di un pianista, utili per raggiungere il proprio stile. E l’influsso del maestro francese rimane fortemente evidente nel suo lavoro, in particolare nelle nature morte e nei paesaggi dal 1919 alla fine degli anni Venti.
Gino Severini (uno degli Italiens de Paris, insieme a Modigliani, De Pisis, Tozzi, Paresce e altri), nonostante un atteggiamento critico, assume da Cézanne suggestioni e spunti iconografici e creativi. Nelle nature morte dei primi anni Venti rivisita Cézanne con le regole del numero e del compasso, confermando quanto scriveva nel suo articolo su Cézanne e il cézannismo pubblicato nel 1921 sulla rivista “L’Esprit Nouveau”. Ne è esempio probante il dipinto Joueurs de cartes (1924), mutuato sull’omonima opera di Cézanne ora al Metropolitan Museum di New York, il cui tema è interpretato dall’artista italiano, con le maschere della Commedia dell’Arte in chiave fortemente geometrizzante.
Un coacervo frastagliato e contraddittorio di progetti e tensioni anima la vita della rivista “Valori Plastici” di Mario Broglio attiva dalla fine del 1918 al 1922 e punto di riferimento importante per la cultura di quegli anni. Giorgio De Chirico vi dibatte i temi della metafisica e auspica un “ritorno al mestiere”; Carlo Carrà parla di “italianismo artistico”, accampa diritti di italianità anche su Cézanne (fatto provenire da Cesena in Romagna o da Cesana in Piemonte!), mentre Alberto Savinio, nell’avallare una rinascita del classicismo, vede in Cézanne l’artista capace di dare vita a un suo ritorno in termini non accademici e moderni. Con Morandi, definito da De Chirico “un artigiano che fa da sé e guarda gli oggetti nel loro aspetto eterno”, troviamo altri pittori, capaci di riflettere l’esperienza cézanniana: da Felice Casorati a Felice Carena a Roberto Melli, al già citato Soffici, a Edita Broglio, allo stesso Broglio. Analogamente in alcuni dei protagonisti della “Scuola romana”, da Francesco Trombadori ad Antonio Donghi, Riccardo Francalancia e Franco Gentilini, aleggia ancora il gusto volumetrico di Cézanne, la capacità di rendere oggetti e paesaggi con la saldezza del suo colore, la sua inconfondibile energia plastica. Inoltre, nella temperie del “Novecento”, il movimento che, guidato da Margherita Sarfatti, si propone di saldare il linguaggio della modernità alla grande tradizione italiana, si evidenziano parentele cézanniane in opere di Mario Sironi, Achille Funi, Ubaldo Oppi, Piero Marussig e altri.
Nel secondo dopoguerra, in particolare per il magistero di Lionello Venturi e per l’attenzione verso il linguaggio ellittico dell’ultimo Cézanne, si possono avvicinare a lui artisti che affrontano anche stilemi astratti o “astratto-concreti”, da Afro a Scialoja, Corpora, Morlotti, Pirandello.