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Integrazione o affiliazione?

Creato il 01 giugno 2012 da Patuasia
Non bastava la Festa dei santi Giorgio e Giacomo così amata dai dirigenti dell’Union valdotaine e viva grazie ai contributi di tutta la collettività e neppure la Festa della capra così voluta dalla consigliera regionale del PD, Carmela Fontana (nei suoi sogni c’è anche un festival di teatro calabrese per fare il paio con il Printemps théatral), adesso ci sarà anche la Festa del peperoncino a Charvensod (aspettiamoci in futuro anche le Feste della ‘Nduja, della soppressata, della ‘Nzuddha… e chissà magari anche un Festival di calabrese estremo). Mi chiedo: perché la comunità calabrese è così importante in Valle d’Aosta? Basta il numero consistente a spiegare le ragioni di un così continuo corteggiamento da parte dei politici? Perché i veneti, altra comunità numericamente importante, non hanno mai organizzato una festa loro? Che ne so, la festa del baccalà mantecato? La risposta non è semplice. Una ragione, fra le tante, potrebbe essere il forte senso di appartenenza dei calabresi a una famiglia a un clan a una comunità, questo “far parte”, nel nord più individualista, non si avverte. Una collettività così forte e coesa può diventare un ricco serbatoio di voti e con minor spesa di energie. Si contattano i vari capi bastone che controllano un certo numero di famiglie, si contratta il dare e avere e i voti sono assicurati. Più che un’integrazione sembrerebbe un’affiliazione. La rincorsa al voto calabrese la iniziò il PSI con in testa Bruno Milanesio che già negli anni ‘ 70 aveva capito tutto. Ai matrimoni lui c’era e probabilmente lui pagava. Adesso si preferisce finanziare le feste con contributi pubblici (anche quelli spesi dai partiti sono tali), ma il fine è sempre quello: garantirsi il voto dei calabresi che sono numerosi e affidabili, almeno fino a quando c’è un ritorno di interessi. Il caso Tropiano la dice lunga.

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