La trama (con parole mie): "Mad" Max Rockatansky, poliziotto al lavoro lungo le strade di un'Australia violenta e selvaggia del prossimo futuro, è da tempo combattuto se abbandonare il lavoro per trasferirsi con la compagna Jessie ed il figlio in un posto lontano dal degrado e dalla morte.Quando il collega Jim Goose rimane ferito mortalmente in uno scontro con la banda di bikers di Toecutter, Max capisce che la misura è colma, e con la sua famiglia si muove verso il mare: ma la violenza è difficile da lasciare alle spalle, e quando Jessie ed il bambino stessi cadranno vittime della pericolosa banda di criminali, l'uomo si guadagnerà appieno il soprannome di Mad perseguendo una vendetta che segnerà la fine di ogni suo sogno di vita normale.
Da parecchio tempo accarezzavo l'idea di ripescare dal passato e dalla mia infanzia la trilogia dedicata all'antieroe che lanciò Mel Gibson nel firmamento degli idoli action ben prima di Arma letale, e la recente visione del nuovo cult Bellflower è stata, in questo senso, la proverbiale goccia in grado di far traboccare il vaso: l'occasione è stata perfetta anche per recuperare il primo capitolo della saga, che personalmente ancora non avevo visto e che per molti, almeno qui da noi, non esiste neppure, considerato che il sequel Interceptor - Il guerriero della strada è spesso e volentieri ritenuto l'ufficiale, vero, grande exploit del personaggio di Mad Max.
In realtà, per poter comprendere ed apprezzare anche di più le gesta successive dello scorbutico personaggio questa pellicola risulta assolutamente fondamentale, gettando di fatto le basi per il carattere difficile, schivo e decisamente poco socievole che Max sfoggerà nel corso di tutte le sue avventure: girato con un'ottica assolutamente low budget ed aiutato da locations che nella magnifica Australia non necessitano di particolari modifiche o ricerche - ricordo quando, con Julez, percorremmo l'autostrada che portava da Alice Springs al pieno centro del continente, tra Kings Canyon ed Ayers Rock: una striscia d'asfalto senza guard rail che pareva essere inghiottita dalla sabbia rossa, animali in ogni dove, due macchine incrociate in senso opposto in mille e passa chilometri di strada -, Interceptor accarezza quella che sarebbe divenuta l'ottica più "wild" della Letteratura, del Cinema e del Fumetto cyberpunk accostandovi elementi profondamente legati all'horror figlio dei seventies e del concetto di survival, senza lesinare sulla violenza - che troverà il suo apice nel capitolo successivo - e sugli inseguimenti tra auto e moto, motore della parte più spettacolare della vicenda.
Mel Gibson, allora giovanissimo - il futuro e totalmente instabile regista ed attore aveva soltanto ventitre anni - fu lanciato verso la carriera che ora tutti noi ben conosciamo, diretto con mestiere da un George Miller che, pur senza strafare in originalità, confeziona un prodotto in grado di mettere in linea l'estetica tamarra del fumettone con una certa misura drammatica figlia della letteratura da futuro distopico che da Orwell in avanti segnò generazioni intere di lettori: il risultato è una realtà in tutto e per tutto simile a quella degli anni ruggenti estremizzati da una legge della giungla applicata agli uomini che funziona alla grande, e nonostante la caratterizzazione dei protagonisti e della banda di Toecutter risulti abbastanza elementare, il ritmo e la carica quasi animalesca della produzione finiscono per supplire ad una solo apparente mancanza di profondità, ponendo le basi per quello che diverrà un cult per almeno un ventennio di spettatori, oltre a divenire uno dei primi fenomeni made in down under.
Personalmente ho trovato molto più efficace la seconda parte, legata al sogno improvvisamente spezzato di una vita normale inseguito da Max con il piede premuto sull'acceleratore, culminato con l'incredibilmente violenta sequenza che porta alla morte di Jessie e del figlio del protagonista, che resta negli occhi pur non mostrando direttamente nulla di esplicito: la vendetta dell'ex poliziotto, selvaggia ed aggressiva come, del resto, la stessa pellicola, è dunque portata sullo schermo con una carica che pare Rockatansky abbia trasmesso a Miller e Gibson, nonchè assolutamente lontana dagli standard di invicibilità degli action heroes che negli anni ottanta vennero settati dagli Usa.
Max è un combattente vulnerabile, un lupo ferito, uno cui costano lacrime e sangue le imprese compiute, e che porterà i segni del suo confronto finale con Toecutter ed i suoi per sempre, nel corpo e nell'anima.
Max è un uomo della strada, ed anche se la sua resta decisamente più "wild" della nostra, non possiamo che sentirci al suo fianco, spinti dalla speranza prima e dalla furia poi.
Se il West e la Frontiera sono finiti, Max ancora non lo sa.
E forse va bene così.
MrFord
"I am a pistol packin' man with a gun in my hand
looking for a woman that will understand
you like to roll and I like to ride
I'll stop at nothing, never take me alive
I'm a man with a fast hand
loving on a last stand
outlaw, quick draw
evil talking bandit man."
Ac/Dc - "Badlands" -