Lascio a te e ai lettori i commenti
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Cara Signora Lucia,ho guardato e riguardato le foto che ha inviato e, pur consapevole del rischio di essere male interpretato, ho pensato che fosse più giusto aprire una riflessione non superficiale sulle modalità della sua denuncia. Sono immagini “forti” che ci interrogano sul nostro essere “persone” e che richiedono prese di posizione altrettanto decise. La prego di considerare queste poche righe come piccoli spunti di riflessione e, fin da ora, le comunico la ma disponibilità ad un confronto sereno, anche di persona.La prima riflessione è su chi ha fatto le riprese.Si, perché non sono riuscito a non considerare quegli scatti come una grave intromissione nella intimità di una persona. Già sento la replica. Ma ci troviamo in un luogo pubblico! A mio modo di vedere questo non autorizza alcuno, per i propri fini (quali che siano), a fare quello che se venisse fatto a chiunque altro verrebbe ritenuto una grave violazione della privacy. Ai fini della richiesta di un intervento di pulizia sarebbe stato della stessa efficacia fotografare anche solo il “prodotto” della azione della signora. Ma forse non si voleva questo ma colpire allo stomaco e generare una reazione. Si, ma di che tipo? Mi piacerebbe saperlo. Dove si vuole arrivare? La storia ci avverte di dove può giungere l’uomo quando vince l’intolleranza verso il “diverso”.La seconda riflessione è sulla persona della quale ci interessiamo.Ma davvero ce ne stiamo interessando come persona? Temo non sia così. A noi interessa il “decoro” della città, come se la città fosse altro dal luogo dove una moltitudine di persone vivono e cercano di, almeno dovrebbero, costituire una comunità. Certo una comunità con delle regole che certamente la signora ritratta nelle foto non sta rispettando. Ma quale realtà esistenziale deve aver vissuto e vive una persona che si è ridotta a defecare in strada? I servizi sociali di Roma Capitale conoscono la signora, l’hanno contattata più volte e, su nostra richiesta, ci hanno inviato una relazione. Per ovvi motivi non potrò narrarle la storia personale della signora ma le assicuro che il suo vissuto esistenziale avrebbe messo a dura prova l’equilibrio psichico di ognuno.
La terza è su come si debbano comportare le istituzioni.In particolare Roma Capitale, che in qualche modo rappresento mentre le scrivo, e che, come ente di prossimità, ha a cuore il benessere della comunità. Ed ecco che torna di nuovo il termine “comunità”. Come detto i servizi sociali sono più volte intervenuti e certamente dovranno intervenire ancora. Certo che dobbiamo mettere in campo politiche inclusive che cerchino di recuperare chi oggi è ai margini della società a causa del suo stato di salute (fisica o psichica), della propria etnia, della condizione economica, ecc.. Ma questo non potrà avvenire se non in un contesto di tolleranza e di comprensione da parte della parte “sana” (che si ritiene tale) che deve prendersi cura dei più deboli. In questo è racchiuso il senso della comunità.
La quarta riflessione è sul “luogo”.C’è differenza dal defecare in strada in piazza dei Cinquecento o a Tor Bellamonaca o a Corviale? Dal punto di vista del canone per l’occupazione del suolo pubblico (lo cito perché presente nell’oggetto del suo messaggio) certamente si. A piazza dei Cinquecento il canone è senz’altro più alto! Ma forse stiamo parlando, per dirla con alcuni sociologi della modernità, di “non luoghi”, spazi pubblici disumanizzati che quindi non riusciamo più a percepire come “comuni” cioè realmente di tutti i cittadini, utili all’incontro ed alla condivisione. Roma è una grande metropoli e questi fenomeni la accomunano a tante altre realtà simili. Questo però non mitiga le nostre responsabilità circa questo esito. Vogliamo che i “luoghi” pubblici siano decorosi ma non sappiamo più per farne cosa.
La quinta, e ultima, è sui noi cittadini, “gli altri”.E’ proprio così marcato il confine tra la signora di piazza dei Cinquecento e noi? Possiamo chiamare “comunità” un aggregato sociale che si disinteressa completamente dei suoi elementi più fragili? Che vorrebbe solo allontanarli dalla vista? E’ più grave il comportamento di una persona certamente psichicamente alterata o quello delle centinaia di “normali” che continuano a circondare i cassonetti dei rifiuti con i loro materassi, elettrodomestici e rifiuti indifferenziati di ogni genere? Io personalmente sono molto più preoccupato dal diffuso senso di inciviltà che vedo agire da migliaia di cittadini nel sostare in doppia fila, nel gettare carte e mozziconi di sigaretta in terra, nel non raccogliere le deiezioni del proprio cane e, come immaginerà, potrei continuare.
Consapevole della complessità di questi temi e di non averne esaurito la disamina la saluto cordialmente.Roberto Toppoli