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Sai come si dice? Dietro ai grandi comici , spesso, si nascondono grandi pessimisti e gente afflitta da potenti malinconie. Così dopo aver fatto ridere il mondo con le sue meravigliose,adorabili, commedie , Allen omaggia uno dei suoi Maestri, ( e figurati se non è anche il mio! ), prediletti , per quanto riguarda il cinema, il leggendario : Ingmar BergmanGià in Amore e Guerra, vi erano inquadrature e modi di recitare ripresi dal metodo del mito svedese,ma in chiave buffa . Qui invece non si scherza mai. Non si ride e non si ricerca mai un momento di sollievo.Io per queste cose godo: amo il cinema tragico, le storie crude di disgregazione famigliare, di relazioni rovinose, di amori a un passo ed oltre la catastrofe. Il dramma , o melodramma, sia gelido e trattenuto che totale, totalitario, stordente ed estremo, urlato,pianto, bestemmiato.Nel cinema e nella sua visione scarico il mio pessimismo, le rabbie trattenute, le paure. Non amo molto ridere in modo pieno,assoluto, troppa felicità su celluloide mi stordisce e inganna. mi inganna, non mi dice cose sulla vita che solitamente nascondiamo.
E nella vita? Sai me ne sono accorto ieri sera. Di codesta pellicola , tanto per non farmi mancare nulla, ho anche il libro che riporta la sceneggiatura. Lo acquistai da adolescente, perché ero decisamente fico nella mia cultura di cinema d'autore e nella mia totale apatia, immobilismo nei sentimenti e nell'azione. Ora, che la canzone di Don Backy : L'Immensità, si è palesata reale nella mia vita, avendo trovato l'amore - quello maturo, forte, resistente- forse la mia idea sulle relazioni è migliorata. Ma a esser sincero , vabbè mi contraddico, ho sempre ricercato la felicità nello scambio e nella condivisione con gli altri e le altre. Ok,ma allora che facevi? Il poser? Tipo quelli che - avendo ottimi gusti personali e dignità umana- non ascoltano i Manowar? No, non credo proprio. Diciamo che i miei sbalzi d'umore sono proverbiali,e usciamone così.
Ma quanto amo codesto film. Il suo implacabile dolore, l'incedere naturale, senza sforzi , nelle nevrosi e delusioni di ciascun personaggio. Le cose vanno male, lo sai. Questo pare dirti il film. E se hai bisogno di un po' di mare calmo, di tranquillità, c'è bisogno di un sacrificio. Campare sul dolore e la morte altrui. O forse nemmeno questo.
Tre sorelle diverse tra loro, una madre che non supera l'abbandono del marito e la fine della loro relazione, visto che è abituata a plasmare le vite altrui, un uomo che dopo anni e anni di apparente felice matrimonio ricerca la sua libertà e un nuovo amore, i generi più o meno frustrati sul lavoro e nel rapporto economico- creativo con le rispettive mogli.Joey , nella quale un po' mi rivedo, è la sorella che ha attirato le maggiori attenzioni da parte del padre,ma è anche quella che vive peggio il suo rapporto con l'arte. Avendone tutte le classiche paturnie intellettuali, nevrosi per eccesso di sensibilità difficile e ingombrante da gestire,ma non il talento necessario. Renata è invidiosa del rapporto che la sorella ha con il padre,ma è una grande poetessa e vive un rapporto tormentato con il marito Frederic, scrittore fallito incapace di gestire il suo potenziale.Flyn è un attricetta di scadenti prodotti tv, che si nasconde dietro l'avvenenza, ma è vuota e sola come poche.La situazione degenera ed esplode quando il padre decide di risposarsi.
Film avvolto nel silenzio, nel non detto, nella rabbia che esplode, nella totale incapacità di saper riconoscere gli altri e i loro sentimenti, nella chiusura cieca all'interno del proprio dolore. Come se l'incomunicabilità di Antonioni si mescolasse al pessimismo cosmico di Leopardi e fosse diretto da Bergman. Mancano solo le musiche di Guccini.
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