Tintoretto si autoritrae in Nozze di Cana
Di Gaetano Barbella
Tintoretto un incredulo San Tommaso apostolo?
Non pochi famosi pittori del Rinascimento si sono autoritratti nelle loro opere d'arte, come Raffaello che compare, quasi inosservato in un angolo di Scuola di Atene delle Stanze vaticane e, vedremo, anche Veronese che fa la stessa cosa ritraendosi insieme a Tintoretto, Tiziano e Bassano in Nozze di Cana. Qui, al contrario del caso suddetto di Raffaello, il quartetto è parte fondamentale del quadro poiché è posto al centro e in primo piano, quasi con l'intento di far da “sgabello” a Gesù posto al centro in alto.
Ma se Veronese ha avuto questa felice idea in onore di Gesù Cristo e, così, della sua Chiesa, cosa maggiormente rimarcata dal fatto che si tratta, in Nozze di Cana, del primo miracolo del Signore, un altro pittore, altrettanto famoso e suo rivale in arte, il Tintoretto, ovvero Jacopo Robusti, nell'analoga opera Nozze di Cana, fa di più audacemente. Egli è si autoritrae al centro del quadro relativo, almeno con certezza assoluta al centro in corrispondenza dell'arco centrale posto sullo sfondo (secondo il punto di vista di quest'arco e non secondo la direttiva mediana dei due architravi longitudinali). E cosìla tavolata del pranzo nuziale, con Gesù a capotavola in lontananza, è al lato come un incerto secondo piano, ma la cosa può essere anche immaginata come un Est, un eccelso sole sorgente, punto fondamentale di riferimento nelle Chiese medievali dove si colloca l'abside con l'altare. D'altronde si tratta del primo miracolo di Gesù, che lui non voleva stando al Vangelo che ne parla, ma che hacomunque operato perché la Madre gli ha forzato la mano. Per lui, in quel momento non era la sua Madre ma la Donna e lo fa capire. È complessa la comprensione della centrale postazione di Jacopo Robusti di padre bresciano maestro tintore di seta. Può apparire presuntuosamente inaccettabile e, forse, fu questa idea a indurre la riproduzione su stampa del quadro del Tintoretto in cui la figura presunta del Tintoretto appare piccola, appena visibile, assai incerta e per niente centrale. Se ne parlerà dettagliatamente verso la fine di questo scritto.
Non è nemmeno ignota la fenomenale personalità di Jacopo Robusti, assai tormentata dalla spinta di primeggiare in modo clamoroso, ma si può anche giudicare ardimento, forte slancio creativo per penetrare il mistero della vita, ma da accettare anche su basi dettate dalla materia e non solo dello spirito. E il miracolo di Cana deve averlo coinvolto a tal punto da tentare, con la sua presenza centrale in Nozze di Cana, di valicare, al “presente” epocale, l'irraggiungibile Est del Cristo attraverso il fatto materiale riposto nell'anfora del miracolo posta in primo piano. Infatti lo sguardo dell'ipotetico suo volto è fissato in questa direzione. A rimarcare questa mia concezione, quasi a voler vedere bene, a guisa di un San Tommaso incredulo che pone la mano nel costato di Gesù dopo la sua resurrezione, dispone l'unico grosso candeliere sospeso del salone, giusto in direzione verticale dell'anfora dell'acqua trasformata in vino.
L'uomo che sfida il mistero dell'acqua e vino
L'illustr. 1 e il particolare dell'illustr. 2 mettono in risalto l'immagine di un uomo che ha una marcata somiglianza con l'autoritratto di Jacopo Robusti detto il Tintoretto dell'illustr. 3.
Il quadro Nozze di Cana di questa immagine è stato fatto nel 1561, 14 anni circa dopo la presumibile data dell'autoritratto suddetto.
Dall'illustr. 1 è interessante riscontrare che la supposta figura del Tintoretto è collocata al centro del quadro di Nozze di Cana, giusto al centrodell'arco di mezzo della sala (se si disponesse il quadro originale si potrebbe verificare questa centralità relativa a tutta la tela). Mentre al centro dell'arco al lato, quasi a disporlo in secondo piano, c'è Gesù a capotavola. Tuttavia la posizione dell'uomo, supposto il Tintoretto, che è in piedi, si trova in direttiva dell'anfora della tramutazione dell'acqua in vino secondo le istruzioni di Gesù, tanto più che egli sembra osservare, quasi controllare o forse dubitare, questa operazione del miracolo.
Insomma, conoscendo la fama del Tintoretto disposto a tutto pur di strabiliare, di vincere e senza scrupoli, egli in Nozze di Cana ha veramente fatto ciò che tutti gli altri artisti del Rinascimento, anche più famosi di lui non hanno fatto.
Melania G. Mazzucco, che ha scritto un voluminoso libro sul Tintoretto, molto apprezzato, “Jacomo Tintoretto & i suoi figli. Biografia di una famiglia veneziana”, ediz. Rizzoli, scandaglia la sua forte personalità e ne parla come se lo conoscesse da sempre, per esempio così:
Come è suggestivo il racconto del rapporto che Jacomo, «un artista ambizioso e discusso, scorretto e devoto, colto e popolare, eccentrico e conformista, incalzato da un perenne furore creativo», intrattenne, per esempio, con il mefistofelico libertino e intelligentissimo Pietro l' Aretino, dal quale ebbe lodi ma anche veleni, sia pure camuffati dietro parole alate.
Oppure con «Il» pittore veneziano per eccellenza, il numero uno, il grande Tiziano Vecellio, acclamato e lodato in tutta Europa, amico dei potenti, intimo - quasi - dell' imperatore Carlo V, che mai volle lasciare spazio al più giovane collega, mai ne riconobbe il genio, guadagnandosi fin da subito il suo precoce odio quando - per invidia secondo la leggenda - buttò fuori dall'ambita sua bottega il ragazzo apprendista Jacomo. A quell'epoca il giovanissimo pittore ancora non si chiamava Tintoretto, ma al massimo Tintore, soprannome dovuto al mestiere del padre, Battista Robusti, eccellente maestro di tintoria di origine bresciana.
Forse la più impressionante e inquietante tra tutte le sue opere, ossessionò molti, pittori e scrittori, tra i quali Sartre, che a Tintoretto dedicò vari saggi, e che nell'Autoritratto ravvisò «un viso posseduto di vecchio assassino».[1]
Resta poi un fatto che convaliderebbe l'ipotesi dell'autoritratto di Tintoretto nella sua pittura Nozze di Cana. Poteva mai, Jacomo, «un artista ambizioso e discusso, scorretto e devoto, colto e popolare, eccentrico e conformista, incalzato da un perenne furore creativo», come suddetto, essere da meno di un altro artista, suo conterraneo, che lo incalzava, Paolo Veronese al secolo Paolo Caliari (Verona, 1528 – Venezia, 19 aprile 1588) con un'analoga opera pittorica di Nozze di Cana? Non solo per l'opera in sé altrettanto meravigliosa, ma perché Tintoretto vi si autoritrae coinvolgendolo insieme al Tiziano e Bassano. Questa mia opinione non sembra reggere perché l'opera del Tintoretto di Nozze di Cana è stata eseguita nel 1561, mentre l'analoga del Veronese nel 1562-63. Tuttavia non c'è da meravigliarsi che entrambi si sbirciassero scambievolmente i progetti grafici delle loro opere, magari con l'aiuto di amici fidati. E allora la mia ipotesi regge. C'è anche di più, perché può essere anche che lo stesso Veronese, potendo vedere l'opera eseguita più di un anno prima di lui dal suo rivale Tintoretto e rendersi conto dell'autoritratto, abbia ricambiato alla grande dandogli così una sorta di schiaffo morale, ritraendolo insieme a lui, a Tiziano e a Bassano. Veramente un bel colpo da maestro d'arte e di vita!
“Nelle celebri Nozze di Cana strappate brutalmente dalle truppe napoleoniche da San Giorgio Maggiore e oggi al Louvre, Veronese riassume la scena pittorica veneziana in un quartetto. Tiziano tiene la partitura con i suoni gravi del violone, Tintoretto si lancia nei virtuosismi solistici del violino, Bassano porta in laguna le tonalità terrestri del cornetto, Veronese sintetizza tutti gli armonici del concerto grazie al suono grave ma brillante della viola da gamba. Il messaggio è chiaro, celebrare la Serenissima dove le differenti voci dell’arte si armonizzano di fronte a Dio e alla sua corte terrena, l’aristocrazia lagunare. Raramente una civiltà sarebbe stata tanto cosciente della propria centralità storica. Raramente una cultura avrebbe inscenato la propria dimensione estetica con altrettanta chiarezza: l’unità del reale nel colore.”[2]
Una stampa che lascia perplessi
Ma non è finita la questione sull'ipotesi dell'autoritratto di Tintoretto in Nozze di Cana perché se ne aggiunge un altro che lascia imbarazzati, al punto da dar valenza alla mia ipotesi del suo autoritratto in Nozze di Cana vanaglorioso, o eccezionalmente ardimentoso.
[1]http://www.ilrecensore.com/wp2/2009/12/la-mazzucco-ritrae-tintoretto-lelite-dellarte-veneziana/
[2]http://simoneverde.blogspot.com/2009/12/tiziano-tintoretto-veronese-rivalita.html