Interstellar

Creato il 07 novembre 2014 da Mattia Allegrucci @Mattia_Alle
I presupposti per un buon film c'erano tutti: l'anno era positivo sia per Hollywood (i blockbuster di quest'anno sono stati abbastanza soddisfacenti, finora) sia per Matthew McConaughey, in piena forma dopo Dallas Buyers Club e True Detective, ed era dai tempi di The Prestige che il buon Christopher Nolan non si misurava con qualcosa di ambizioso tanto quanto lui. Il mondo dei sogni è un universo troppo piccolo per l'evasione pensata dal regista britannico per il suo pubblico, così decide di passare dal microcosmo della mente ed al suo parassita più resistente al macrocosmo del multiverso ed al SUO parassita più resistente. Dall'idea all'uomo, perché in fondo il cinema di Nolan è fatto anche di questo, di parassiti che vogliono solo sopravvivere e sopraffare e, per la prima volta (forse la seconda) nella cinematografia di questo regista, ci troviamo di fronte all'espressione più importante e condivisibile del suo pensiero: il futuro è in mano nostra. Bastano pochi minuti di Interstellar per capire che ben presto l'egoismo umano si sarebbe trasformato in altruismo americano (becero? Lo lascio giudicare a voi), dove l'amore la fa da padrone e vince su tutto, e salva anche l'umanità (dai, era un film pensato per Steven Spielberg prima che Nolan lo facesse suo, quindi non venitemi a dire che questo non ve l'aspettavate). Insomma, la redenzione dell'umanità per mano di un salvatore (o due) che si sacrificano (ma anche no) per il bene comune, la coscienza collettiva americana che spinge a più non posso, l'egoismo e l'istinto di sopravvivenza individuale che vengono presi a calci e, come già detto sopra, l'amor che muove il sole ed Interstellar. C'è più Contact che Gravity, nel film dell'inglese, più Zemeckis che Cuaròn, più kolossal che esperimenti commerciali, e forse è proprio questo che vuole il pubblico, di cui ha bisogno per sentirsi cullato e rassicurato, di una Hollywood ancora in grado di fare bei film e di saper incantare gli spettatori senza troppi fronzoli, senza far pesare tutto quello che ho appena elencato qua sopra, ma mantenendo solidi le proprie tematiche e i propri ideali, tutti americani. In che modo? Con la mano di Nolan il quale, maestro di teatralità ed inganno, nasconde tutti i potenziali difetti del film dietro ad una regia mai debole, dal ritmo serrato, dalle atmosfere epiche e mai già viste, che impara da Cuaròn (soprattutto per quanto riguarda l'impianto sonoro) e che si burla di Kubrick (i televisori simili a monoliti, come anche i robot: ci sarebbe da discutere su quanto Kubrick parlasse di entità che indirizzano l'uomo verso l'evoluzione e di come invece Nolan elimini tali entità per far posto all'umanità in tutto e per tutto. Non esistono più "loro", ma solo "noi", riflessi in quei monoliti neri in ogni angolo di ogni casa. Forse la riflessione più importante e audace che può offrire il film). Le potenzialità per avere un buon film c'erano tutte, e Nolan le ha sapute sfruttare appieno completamente, per cui godetevi senza rimorsi questo perfetto esempio di come ancora oggi il cinema americano e le sue tematiche possano essere rivisitate e riproposte con un guizzo di vitalità in più. 

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