17 novembre 2014 Lascia un commento
La trama. Sulla Terra la gente muore per scarsita’ di cibo perche’ una cosiddetta "piaga" sta distruggendo le coltivazioni e terribili tempeste di sabbia provvedono e decimare il resto. Matthew McConaughey e’ un ex pilota Nasa collaudatore riciclato all’agricoltura divenuta ormai l’attivita’ primaria per la razza umana. Con lui vivono i due figli e il suocero, senza la moglie morta per malattia. Strani fenomeni gravitazionali nella stanza della figlia, lo condurranno nuovamente alla Nasa dove scoprira’ che c’e’ un grande piano per salvare l’umanita’ portandola su un nuovo pianeta. Cio’ sarebbe possibile perche’ misteriose entita’ hanno creato un wormhole messo a posta per condurre alla salvezza. La scelta di un uomo sara’ quindi la rinuncia alla propria famiglia per salvare l’umanita’ intera.
Sono andato al cinema senza aver letto nulla, nemmeno un accenno di trama oltre quanto visto nei trailer. Volutamente, senza preconcetti, senza il rischio di rovinarmi la sorpresa e anche dopo, come sempre, mi sono limitato a pochissime analisi e tra queste ho trovato cio’ che definisce meglio il film e riassume il mio giudizio: capolavoro imperfetto. Amo la fantascienza in ogni sua forma, percio’ accetto l’assunto necessario al genere, della sospensione dell’incredulita’ o quantomeno serve una motivazione parascientifica che dia senso a il resto.
In virtu’ di questo i cristalli di dilitio giustificano la fisica di Star Trek e un ragno radioattivo attiva l’universo Marvel.
Accetto un tesseract perche’ accetto di vivere in un cosmo a 11 dimensioni ma i buchi neri morbidi mi spiace no.
Non posso e non voglio svelare troppo ma il senso e’ che anche l’incredulita’ ha un suo limite e un film come "Interstellar", se cade su questo pezzo, cade su tutto. Discrepanze spaventose, paradossi ontologici, assunti temporali sballati, c’e’ un po’ di tutto, ce n’e’ troppo e non mi piace.
Lasciamo allora da parte la scienza e concediamo tutto a favore dell’epica narrativa. Anche questo e’ possibile, del resto ci gustiamo decine di puntate di "Spazio:1999" dove la Luna viaggia tra le galassie come un pizza express, accettando percio’ una verita’ filosofica e non scientifica. Qui "Interstellar" ha qualcosa da dire in piu’, non molto pero’, giusto qualche suggestione. L’amore puo’ essere una forza da inserirsi nel contesto di una grande teoria unificata? Buona idea, ragioniamoci sopra. Lo spirito d’avventura come forza primeva? A giudicare dai cretini che si lamentano dei soldi spesi per atterrare su una cometa non si direbbe. Meno sensato un tizio che non pare comprendere fino in fondo che salvare l’umanita’ significa salvare i propri figli anteponendo il bene di pochi individui ad una intera razza. Bello ma gia’ affrontato, Kirk e Spock fecero di meglio col secondo e terzo episodio della saga cinematografica.
Alla fine cio’ che resta e’ la forza dell’amore e dell’avventura percio’ avanti il prossimo.
Il cinema. Nolan osa dove nessuno con 165 milioni di dollari tra le mani, ha avuto il coraggio. Egli porta sullo schermo una storia senza azione, si fa per dire ovviamente, costruita sulla sola epica laddove il respiro viene a mancare non per lo spettacolo ma per l’immensita’ che vuole rappresentare. Vogliamo come qualcuno ha fatto, infilarci a spinta Kubrick? Ecco in questo c’e’ equivalenza, nel tentativo di essere cosmici nel concetto e nell’etimo.
Kubrick resta irraggiungibile ma Nolan e’ bravo per quanto non bravo come Boyle che con "Sunshine" sfiora l’immensita’ kubrickiana arrivandoci pero’ dal lato opposto. Lasciamo perdere i tunnel spaziali e i tuffi dimensionali, incomparabili laddove Nolan cavalca lo spazio-tempo, Kubrick il mistero della vita. Per il coraggio appunto, Nolan merita il massimo dei voti e lo merita anche per essere riuscito ad inchiodare lo spettatore alle poltrone per tre ore con uno sfoggio di azione minimo e per paradosso, i danni li fa proprio nel cercare il movimento ad ogni costo.
Merita il massimo dei voti anche per la capacita’ visionaria qui si davvero unica di portare sullo schermo concetto complicati come paradossi temporali, volumi multidimensionali, relativita’ generale e rapporto tra le forze fondamentali, uno sforzo degno del migliore "Inception".
Attori. Credo sia il caso di rivedere il giudizio su McConaughey o almeno devo farlo io. Gia’ in "The walf of Wall Street" ha dato una gran prova, c’e’ stato un Oscar e vuoi vedere che e’ realmente un fenomeno? Qui lo e’. Trasformato anche fisicamente, esprime una gamma di emozioni con la sincerita’ del grande interprete, non si nasconde e non trascende ed e’ di una naturalezza inusuale per un attore sin qui molto fisico. Ottima prova della Hathaway, Chastain (Murph donna) e’ brava ma non mi ha cambiato la vita. Meglio Mackenzie Foy (Murph bambina), sempre in gamba il piccolo Affleck e via discorrendo. Vorrei soffermarmi pero’ su John Lithgow e Michael Caine, i due grandi vecchi, capaci entrambi dei momenti piu’ commoventi del film, soprattutto Caine che vedrei bene con un terzo Oscar. Infine le musiche. Da adoratore di Zimmer sono perplesso. Da un lato il suo lavoro e’ fenomenale nel risultato e nell’approccio, trasformando il suo modo di lavorare e puntando interamente su un risultato concettuale eppur emotivo. D’altro canto esce un’opera minimalista in puro stile Glass sublimato a Ligeti – e vuoi vedere che si a torna Kubrick? – percio’ mi domando: perche’ non far comporre la colonna sonora direttamente al padre del minimalismo per il grande schermo? Mi riservero’ di ascoltare la soundtrack decontestualizzata dalle immagini.
Contrariamente al mio stile ho scritto troppo, lo riconosco ma seppur imperfetto, sempre di evento si tratta.
Un nuovo percorso per Nolan? Credo di no ma lo vedremo.
Non il suo film peggiore ma poco ci manca, quando il peggio comunque va oltre l’eccellenza.