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- Scritto da Michele Chighizola
- Categoria principale: Le nostre recensioni
- Pubblicato: 06 Novembre 2014
E alla fine arrivò il giorno di Interstellar: che lo si voglia o no, il film più atteso dell’anno del regista più importante della sua generazione, la nuova opera di Christopher Nolan, insieme a James Cameron l’ultimo Re Mida hollywoodiano che riesce ancora ad avere un impatto macro, trasversale e mediatico su ogni tipo di pubblico. Bisogna infatti riconoscere al regista della trilogia del Cavaliere oscuro e di Inception di essere riuscito, con gli anni, a creare intorno ai suoi lavori l’aura del film-evento. Attesi con trepidazione, fatti oggetto di culto prima dell’uscita, amati dalle masse di cine-consumatori ma apprezzati anche da cinefili, i film di Nolan sono a tutti gli effetti eventi mediatici che riportano il cinema ai suoi vecchi fasti, quando era ancora il principale medium dell’occidente e i film di Spielberg e Lucas erano veri e propri fenomeni di costume, che forgiavano l’immaginario dei ragazzi degli anni ’70. Se poi, questo nuovo Re Mida annuncia che farà un film di fantascienza colta, avvalendosi del contributo di un fisico vero (Kip Thorne) per la stesura del soggetto e ispirandosi, più o meno scopertamente, a 2001: Odissea nello spazio, è chiaro che le attese (e le pretese) salgano alle stelle, insieme al rischio di fallire. Perché, come tutti sanno, più punti in alto e più ti fai male, se cadi. E questo, in parte, è quanto è successo a Nolan con Interstellar.
La trama. Siamo in un futuro prossimo. l’umanità è al collasso, le risorse alimentari stanno finendo a causa di una non precisata “piaga” e, con ogni probabilità, entro due generazioni la specie umana si estinguerà. La NASA, ormai senza fondi, tenta un’ultima, spericolata missione: sfruttando la teoria dei viaggi temporali attraverso un warmhole, spedisce 4 astronauti e un robot, guidati dal pilota Cooper (McConaughey) e dalla scienziata Brand (Hathaway), in galassie lontanissime, alla ricerca di possibili altri pianeti abitabili. La missione, oltre a dover affrontare una serie di problemi di fisica teorica (uno su tutti, l’invecchiamento rallentato degli astronauti, a causa della vicinanza dei nuovi pianeti ad un buco nero), si porterà dietro, chiaramente, anche tutto il corollario di tic umani (amore, nostalgia, individualismo, istinto di sopravvivenza, falsità) che, ancora più chiaramente, cozzano con la Scienza.
Come detto, Nolan punta in alto, altissimo: il suo Interstellar è un film infarcito di riferimenti alla storia, cinematografica e letteraria, della fantascienza colta, partendo dal pianeta-oceano di Stanislaw Lem fino ad arrivare al robot intelligente di Kubrickiana memoria (usato, come si scoprirà, in una chiave diversa e non scontata) che accompagna la missione. Insomma, il regista guarda ai capolavori della fantascienza e non lo nasconde. Tuttavia il suo approccio al super-genere in questione è, come prevedibile, tremendamente cerebrale, macchinoso e, soprattutto, completamente votato alla plausibilità scientifica della vicenda raccontata. Una scelta, quella di avere come stella polare la verosimiglianza assoluta, che ha portato, come risaputo, alla collaborazione del rinomato fisico Kip Thorne al soggetto, ma che ha avuto, come effetto collaterale, quello di un notevole irrigidimento del racconto, almeno nelle sue componenti spettacolari ed action. A questo proposito, viene da sorridere a pensare che la scena d’azione più importante del film (quella dell’attracco alla stazione che ruota su se stessa a velocità folle a causa di un’esplosione) sia, sostanzialmente, un esercizio di un esame universitario di Fisica 2, con annesso svilimento della tensione cinematografica. A questa dittatura della Scienza sul cinema, inoltre, va aggiunto l’ingombrante sostrato di melodrammi umani che Nolan spalma sulla vicenda, tra figlie abbandonate, cosmici amori trans-galattici e riflessioni “altissime” sull’essere umano e le sue potenzialità intellettive. Il risultato, così, è un film stritolato da una parte dalla fredda Scienza e dall’altra da un afoso Umanesimo, un film dove l’amore spielberghiano per il racconto o il conturbante e magnetico astrattismo filosofico di un Solaris o di un 2001 non riescono mai ad emergere come vorrebbero.
Tutto ciò rende Intestellar, nella sua pretesa di andare a guardare negli occhi la fantascienza filosofica del ‘900, un film non riuscito? Sì. Tutto questo rende Interstellar un film brutto? No. Il film di Nolan, pur essendo, come detto, un film poco “fanta” e tanta “scienza”, rimane quanto di meglio si possa aspettare da un blockbuster nel 2014: in un era in cui gli unici film fantastici che vengono elogiati sono quelli votati al disimpegno e all’auto-parodia guascona (si pensi agli osanna per Guardiani della Galassia), Interstellar rivendica, con un gesto coraggioso, il diritto di far riflettere lo spettatore, mentre lo intrattiene in un viaggio interstellare. Nonostante le derive scientiste di cui si diceva sopra, insomma, il film di Nolan è pur sempre un astronave cinematografica che, con le sue luci e il suo gigantismo, rapisce lo sguardo dall’inizio alla fine del suo passaggio.
Probabilmente un malriuscito film di fantascienza filosofica, ma un grande blockbuster.
Voto: 2,5/4
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