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Come sempre accade per tutto quello che riguarda il lavoro di Christopher Nolan, anche "Interstellar", appena uscito nelle nostre sale, e' stato preso d'assalto da schiere d'appassionati e di addetti ai lavori, trasformandosi in poche ore in uno dei casi cinematografici di questa annata cinematografica. Un tripudio mediatico che testimonia ancora una volta l'eccezionalità di un regista che, pur lontano dalle ossessioni e dalle manie di alcuni celebri colleghi al quale potrebbe essere paragonato almeno in termini di visionarietà, pensiamo a James Cameron e a Stanley Kubrick, appartiene a quella ristretta cerchia di autori su cui gli studios rischiano soldi e credibilità. Alchimie produttive che Nolan e' riuscito a gestire senza particolari problemi e che pure hanno determinato in maniera importante l'evoluzione del suo cinema. Non tanto per il passaggio a strutture di lavoro più controllate rispetto alla libertà delle prime uscite, ma piuttosto per la trasformazione di una forma cinematografica che ha cambiato pelle, trasformandosi almeno in superficie in qualcosa di diverso.
A partite da "The Prestige" infatti Nolan e' diventato un regista "mainstream", con film interpretati da alcune delle star più popolari del firmamento hollywoodiano (da Hugh Jackman a Leonardo Di Caprio, da Christian Bale a Matthew McConaughey), accelerando una propensione verso il cinema di genere che lo ha portato con successo ad occuparsi del restyling di uno dei supereroi più acclamati dello schermo. Un iper genere, quello degli Hero Movie, che ne ha consolidato le ambizioni, rilanciate con un surplus di autorialità in due film, "Inception" e "Interstellar", che ad oggi rappresentano meglio di altri la complessità di questo autore.
Una dimostrazione di forza che (per chi scrive) non sempre si è' dimostrata all'altezza delle sue premesse. Il tentativo di incontrare gli interessi dei produttori ha creato un enfasi estetica e narrativa derivante dalla necessità di confezionare un prodotto altamente fruibile.
La poetica pur coerente alla visione di un mondo da sempre dominato da forze oscure e malevoli e da personaggi dell'identità incerta, ne ha risentito soprattutto nella costruzione delle categorie temporali, un marchio di fabbrica del regista, che hanno smesso di essere la struttura portante dell'impalcatura narrativa, (The Following, Memento) per diventare parte integrante del racconto, oggetto su cui ragionare e discutere.
In questa direzione "Interstellar" rappresenta un passo in avanti perché approfittando della rarefazione del paesaggio, resa necessaria dalla scoperta della nuova frontiera, (con il quotidiano ripreso più in senso metaforico che cronachistico) il cinema di Nolan appare di nuovo inquietante, pur continuando a pescare da un immaginario filmico largamente inflazionato. Non solo nell'afflato ambientalista presente nella degenerazioni delle condizioni climatiche e naturali (il richiamo allo Shyamalan di "The Happening" e' uno dei rimandi possibili) e nel richiamo ad una palingenesi che era stata uno dei temi cardine dell'acclamato "Gravity", ma anche in dettagli minimi come quelli che riguardano la definizione di un personaggio come quello interpretato da Matthew MacConaughey, praticamente equipollente per cultura e stile di vita al Cade Yaeger di "Trasformers 4". Contraddizioni che sono insieme la forza e il punto debole di un autore che nonostante tutto non ha ancora trovato la sua collocazione definitiva.
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