…Non siamo destinati a salvare il mondo, siamo destinati ad abbandonarlo.…
Il nuovo teaser del film Interstellar, diffuso lo scorso 16 maggio, ha portato l’attesa per l’uscita del prossimo 6 novembre davvero alle stelle, anzi oltre. Sono state 7 milioni le visualizzazioni su Youtube. La pellicola diretta da Christopher Nolan, uno dei più apprezzati registi dell’ultimo decennio, noto per aver diretto l’ultima osannata trilogia di Batman e Inception, sarà un film di fantascienza di cui si conosce il cast – anch’esso stellare – e poco di più.
La storia è quella di un gruppo di scienziati inviati nello spazio per trovare rimedio all’esaurimento del cibo e delle risorse sulla Terra, a seguito del collasso dell’economia e dell’agricoltura su scala globale. Sarà sfruttando l’aprirsi di un misterioso buco nero che un drappello di “superstiti” della NASA cercherà una strada per salvare l’umanità, una strada che porta verso lo spazio profondo.
La storia si basa in larga parte sulle teorie scientifiche e gli scritti di Kip Thorne, fisico teorico statunitense, che è stato anche consulente della produzione, specializzato in fisica della gravitazione e astrofisica e uno dei maggiori esperti di relatività generale. Thorne è conosciuto soprattutto per le teorie riguardo alla possibilità di viaggi nel tempo tramite cunicoli spazio-temporali.
L’idea di andare a cercare risorse su altri pianeti non è nuova per la cinematografia e neanche per la scienza, seppure con programmi che non prevedono per il momento di sfruttare i buchi neri per “accorciare” gli spostamenti. La ricerca sui pianeti extrasolari che viene fatta attraverso lo spettrografo HARPS dell’ESO e il telescopio orbitante della NASA Kepler hanno già portato alla scoperta di un gran numero di essi . Attualmente la NASA ha in corso varie missioni che riguardano la possibilità di colonizzare altri pianeti all’interno del nostro Sistema Solare, Marte in primis, e che studiano soprattutto come riuscire a sostentare gli equipaggi di coloni. Tra queste la Mars Plant Experiment, che ha come traguardo il 2021 e per la quale sono in corso esperimenti per l’impianto di piccole serre o la missione Veg-01, che esplorerà la possibilità di far crescere piante sulla ISS.
Ma la creazione di avamposti nel nostro Sistema Solare potrebbe effettivamente essere solo una prima fase propedeutica a creare le condizioni per le esplorazioni umane nel resto dell’Universo.
Su Media INAF abbiamo parlato della conferenza Starship Congress 2013, coordinata dall’organizzazione di ricerca no profit Icarus Interstellar che vuole rendere possibile il viaggio interstellare entro il 2100. Secondo gli speaker intervenuti ai lavori di tale conferenza è assolutamente necessario che la specie umana preveda una ulteriore fase di sviluppo oltre il Sistema Solare, per scongiurare il rischio di estinzione che aumenta col passare del tempo. Il rischio di un impatto da asteroide, i devastanti effetti dei gas serra sul clima o l’esaurimento del Sole, sono tra le ragioni che porteranno fatalmente l’umanità all’estinzione. Sembra quasi che la sceneggiatura di Interstellar sia stata tratta dagli atti di questo congresso, anche se pare che il film nasca da una conferenza tenuta proprio da Kip Thorne, conferenza nella quale teorizzava che i viaggi nel tempo fossero possibili attraverso i cosiddetti wormhole.
L’equipaggio che entra in uno stato di animazione sospesa facendo pensare a un tentativo di conservazione criogenica che evita la “solita” scorciatoia dei viaggi spaziali più veloci della luce largamente utilizzato nei film di fantascienza pura, è tra gli elementi che danno maggiore interesse alla pellicola da un punto di vista scientifico. Dopo il grande successo di “Gravity”, si è potuto assistere ad un nuovo fenomeno: quello del diffondersi di recensioni non solo formali e stilistiche, ma di carattere scientifico sulle teorie sostenute e sviluppate all’interno delle pellicole.
A questo punto siamo davvero curiosi di vedere come Interstellar sarà accolto dagli appassionati di fantascienza, ma anche – anzi soprattutto – dalla comunità scientifica.
Fonte: Media INAF | Scritto da Francesca Aloisio