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Valerio Berruti, classi 1977, è artista italiano che vive e lavoroa in Piemonte, a Verduno. I suoi lavori riguardano il tema dell'infanzia come uno spacchio che rappreseta ogniuno di noi nella propria fragilità ed innocenza in una delle fasi della propria vita ma che realtmente non termina mai. Con piacere vi propogno di seguito la mia intervista a Valerio Berruti guardo il suo lavoro.
Chi è Valerio Berruti?
E’ difficile autodefinirsi. Sono un uomo, ma vivo la vita che sognavo di avere da bambino.
Qual è il percorso che l’ha portata a diventare artista?
Sono sempre stato convinto di essere un artista, non ho mai pensato di fare altro. E’ il mio mestiere e la mia vita. Ho studiato critica d’arte al DAMS ma soprattutto ho sempre dipinto, scolpito, disegnato ogni singolo giorno della mia esistenza.
Ha esposto a New York, Tokyo, Parigi e Seoul per citare alcune mostre, ma il suo studio rimane nelle Langhe, ad Alba, un luogo molto particolare. Cosa significa per lei questa terra e come influenza il suo lavoro?
Adoro la mia terra, che è quella di mio padre e di mio nonno. Sento fortissimo il legame con le Langhe con la sua gente e con i suoi prodotti. Il mio vissuto personale fa parte delle mie tele, non solo per le immagini che le animano, spesso riconducibili alla mia famiglia e ai miei amici più cari, ma anche per le emozioni che vorrei vi restassero imprigionate e che sono quelle che mi spingono a lavorare. Sono un passionale, è l’istinto che mi porta a disegnare sulla tela ciò che sento quando guardo il mondo, ciò che mi emoziona davvero. Concentrandomi sulla purezza del segno cerco di rendere indelebile la parte unica dei miei affetti, di circoscrivere e di dare forma a sentimenti che resterebbero altrimenti fugaci, sfocati.
Sculture, pitture, video, ti avvali di differenti supporti per la tua arte; come scegli la forma espressiva per raffigurare i tuoi soggetti infantili?
Penso che la tecnica serva per valorizzare un’idea, Ci son lavori che nascono come affreschi e non avrebbero senso in scultura e viceversa. Cerco di costruire i progetti che faccio dandogli la migliore veste che posso. Gran parte della mia ricerca va nella direzione della “forma” dell’opera.
I tuoi bambini appaiono fragili, linee essenziali e armoniche, come sono nate queste opere? Cosa vuole trasmettere a chi si trova di fronte una sua opera?
Penso che l’arte sia una sorella della poesia. L’infanzia è l’unico periodo della vita in cui siamo tutti simili e la riconoscibilità fa si che lo spettatore si possa immedesimare nella mia opera. Cerco di togliere tutto ciò che rende riconoscibile i miei bimbi: vestiti, sfondi, acconciature, cerco di rendere i miei soggetti atemporali e legati a una dimensione epica, non legata al tempo, ma all’anima.
Ha avuto l’onore di partecipare alla Biennale d’Arte di Venezia nel 2009, il progetto esposto è nato dalla collaborazione con Paolo Conte, mi può raccontare come nasce l’opera e qual è la sua relazione con la musica e come essa si relaziona con le sue opere.
La musica è per me parte fondamentale, riempie gli spazi e accompagna le mie video-animazioni. Non riesco a pensare a questi lavori privi di musica, è come se avessero un’anima immobile.
Ho avuto il privilegio di collaborare con grandi maestri com Francis Lay, Paolo Conte, Ryuichi Sakamoto, ma anche con musicisti giovani come K-Conjog con il quale ho appena realizzato un art vinyl. Con ognuno di loro si è creata un’empatia speciale, ognuno di loro ha compreso, sentito e valorizzato un progetto condiviso pienamente. Non potrei chiedere di più.
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