F.F. Esatto, proprio così. Quando si affronta il mondo antico, la prima cosa da fare è interpretare le fonti, non limitarsi a seguire pedissequamente quello che hanno scritto e ci hanno lasciato in eredità. Gli storici moderni lo stanno facendo con impegno, e negli ultimi cinquant’anni sono emerse verità sorprendenti rispetto a tanti imperatori romani bistrattati dalle fonti storiche primarie (mi riferisco soprattutto a storici come Svetonio, Tacito, Dione Cassio e altri). Sulla base di queste reinterpretazioni sto cercando di descrivere da vicino alcune tra le figure più controverse e inquietanti della storia, come ho fatto con Nerone nel romanzo “Roma in fiamme” e, adesso, Caligola. Un lavoro divertente, che mi ha impegnato molto in termini di studio, ma che credo potrà dare una nuova dimensione a questi personaggi, facendo scoprire lati del loro carattere e della loro personalità inediti e per certi versi sorprendenti.
F.B. Davvero si tratta del primo romanzo al mondo che racconta la vita di questo imperatore?
F.F. Lo è senz’altro se parliamo di romanzi e se ci riferiamo a quello che dicevo prima, ovvero alla rivisitazione storica che gli studiosi hanno dato di Caligola. Su questo imperatore ha scritto Albert Camus, ma per il teatro. Andrea Frediani, nel suo libro “Dinastia”, ha scritto anche di Caligola, ma si è limitato, come tutto quel libro, e romanzare la “Vita dei Cesari” di Svetonio e poco più, e comunque inserendo Caligola all’interno di un romanzo corale sulla vita di cinque imperatori della dinastia Giulio-Claudia. Il mio è il primo romanzo su Caligola interamente dedicato a questo particolarissimo personaggio, dopo uno studio attento delle nuove interpretazioni dei lasciti storici effettuate dagli studiosi moderni, che hanno modificato radicalmente l’immagine barocca e surreale che autori antichi come Svetonio ne avevano dato nei loro scritti, più che altro per dileggiare un imperatore che, come dico nel sottotitolo del mio romanzo, ha letteralmente umiliato Roma, andando contro l’aristocrazia romana a cui lo stesso Svetonio apparteneva.
F.B. Un’operazione di discredito che è durata più di duemila anni…
F.F. Come detto, storici antichi quali Svetonio, Tacito, Cassio Dione, rappresentavano, a posteriori, la voce di quella stessa aristocrazia che imperatori come Caligola e Nerone avevano combattuto e umiliato, e dunque è stato gioco facile, per loro, lasciare ai posteri solo accuse, menzogne e parole sprezzanti nei confronti di imperatori che certo santi non erano, ma di sicuro avevano agito in modo ben più razionale e consapevole di quanto la Storia antica abbia tramandato nei secoli. E con Caligola, ancor più che con Nerone, il gioco di damnatio memoriae è stato ancora più pesante e insistito, forse perché Caligola ha fatto davvero paura a molti. Farò un solo esempio per fare capire la situazione. Quando Svetonio si fa beffe di Caligola dandogli del pazzo furioso che arrivò a nominare senatore il suo cavallo, si guarda bene dal chiarire che cosa sia successo davvero. E le nuove ricostruzioni storiche ce lo fanno capire: Caligola arrivò a dire che il Senato era così marcio e corrotto, pieno di gentaglia di così basso profilo, che la nomina del suo cavallo a senatore non avrebbe fatto altro che arricchire il consesso della Curia romana. Si trattava quindi di un gesto di spregio verso l’aristocrazia dell’Urbe, non certo dell’azione di un pazzo come Svetonio ha cercato di farci credere. E questo vale per gran parte delle azioni commesse da Caligola e, dopo di lui, da Nerone.
F.B. Come si può raccontare un simile personaggio dalle pagine di un romanzo?
F.F. In questo libro sfrutto una tecnica particolare, facendo assumere al lettore il punto di vista di Caligola fin dalle prime righe, per non abbandonarlo più. Restiamo con lui per tutto il suo percorso di vita, fin da quando, da bambino, era in viaggio per i confini dell’impero insieme al padre, il grande generale Germanico. Un percorso lungo e difficile, che l’ha visto lottare per sopravvivere allo sterminio della sua famiglia. E quando finalmente è arrivato al potere, si è dimostrato tutt’altro che un pazzo. Era animato da un profondo desiderio di vendetta nei confronti di coloro che avevano ordito contro di lui e l’intera dinastia Giulio-Claudia, come il Senato e l’aristocrazia romana, oltre al precedente imperatore Tiberio, e che si sono spinti a uccidere suo padre, sua madre Agrippina Maggiore, i suoi fratelli Nerone Cesare e Druso e l’amatissima sorella Drusilla. E’ sopravvissuto a una vera e propria strage, e quando è arrivato il momento si è preso la sua rivincita.
F.B. Perché Gaio Giulio Cesare Germanico venne soprannominato Caligola?
F.F. Da bambino era stato portato dal padre, Germanico, nei territori a nord del Reno, dove si spingevano i confini dell’impero, e Gaio, vivendo in mezzo ai soldati, volle cercare di sembrare uno di loro. Quando sua madre gli regalò delle caligae, le calzature tipiche dei legionari, lui le indossò e non se le tolse più, anche se erano molto più grandi della sua misura, fiero di poter vestire come un vero soldato. E divenne una sorta di mascotte dei legionari, che amavano suo padre e poi video in lui un naturale erede, cosa che gli servì per sopravvivere quando, anni dopo, Tiberio sterminò la sua famiglia, perché toccare Caligola avrebbe significato toccare il ricordo di Germanico, che viveva ancora glorioso nel ricordo del popolo e dei soldati romani. Gaio Giulio Cesare Germanico volle farsi chiamare Caligola in ricordo agli anni spensierati della sua gioventù, e per fare capire a tutti che lui era il figlio di Germanico, degno erede della dinastia Giulio-Claudia e candidato a diventare imperatore di Roma.