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Intervista a Antonio Paganelli, autore di "Cicatrici nascoste", CIESSE Edizioni
Creato il 10 maggio 2011 da BraviautoriAntonio Paganelli, nato in provincia di Forlì, emigra giovanissimo dapprima in Svizzera e poi in Canada. Al suo rientro in Italia, dopo undici anni di studio e lavoro all'estero, si laurea con lode alla Ca’ Foscari. Dedica gli anni successivi all’insegnamento del francese e giunto alla pensione approfondisce la passione per l’antiquariato e il restauro pittorico, che studia all’Accademia delle Belle Arti di Ravenna. Sue due scoperte di un certo rilievo: sotto una crosta del ‘900 ritrova un dipinto perduto di Anatole Dauvergne, noto artista francese esponente della Ecole française de peinture del XIX secolo. In seguito, nel corso delle sue ricerche rinviene una testimonianza unica; si tratta degli atti di un processo tenutosi in Sicilia intorno alla fine dell’Ottocento. Sarà quest’ultimo documento a dargli l’ispirazione per scrivere il suo romanzo d’esordio, “Cicatrici nascoste” edito da CIESSE, opera prima che gli vale il Premio G. Gazzara quale “Migliore Autore Esordiente Nazionale 2011”.
Antonio, complimenti per la passione con cui coltivi i tuoi molteplici interessi, ma soprattutto per i notevoli risultati raggiunti in più di un campo artistico… Quando e come nasce l’amore per l’antiquariato e il restauro?
Grazie per i complimenti. Ormai sono in pensione già da un po' di tempo. Quando insegnavo (lingua e lett. Francese), avevo un collega che andava in campagna a cercare mobili vecchi dai contadini. Quando ne trovava uno che gli piaceva lo comprava, poi lo restaurava per arredare casa sua. Un giorno sono andato con lui e insieme abbiamo scovato in un pollaio un vecchio cassettone del 700, ancora in discrete condizioni. L'ho comprato io e il collega mi ha insegnato a restaurarlo. Quello fu l'inizio di una passione che è durata diversi anni, in cui ho frequentato mercatini, rigattieri, antiquari e restauratori. Quando ho smesso di insegnare avevo ormai la casa piena di mobili antichi, ma non avevo quadri. Fu così che mi iscrissi all'Accademia delle Belle Arti di Ravenna per imparare a restaurare dipinti. Dopo due anni di Accademia (solo restauro pittorico) e un anno di pratica a Urbino, nel laboratorio del professore, ho iniziato a restaurare, in casa mia, qualche vecchia tela in cattive condizioni comprata per pochi soldi nei mercatini. Avevo ricavato un piccolo laboratorio nel garage. Il restauro pittorico è stato per me un hobby affascinante che mi ha regalato emozioni e gratificazioni, ma è anche un'attività pericolosa per la salute (solventi, polveri, ecc), se non si utilizzano tutte le precauzioni. Frequentando i mercatini, un giorno ho trovato un documento cartaceo che mi ha incuriosito: si trattava del faldone di un processo a un prete, da cui ho preso lo spunto per scrivere “Cicatrici nascoste”.
Venendo alla scrittura, “Cicatrici nascoste” è il tuo romanzo d’esordio, ma hai già pubblicato un altro libro in passato, un testo di didattica. Sarebbe stimolante sapere se il rigore richiesto da una pubblicazione di settore ti ha aiutato (e in qualche modo, temprato) a maturare le competenze e abilità poi emerse nella stesura di “Cicatrici nascoste”… Per esempio l’attenzione alla ricostruzione storica o quel saper definire così bene il clima sociale e l’atmosfera di un certo periodo, il ventennio fascista, che tu naturalmente per ragioni d’età non hai vissuto in prima persona…
Ho scritto “Didattica delle lingue straniere”, il mio primo libro, in collaborazione con Antonina Paba, una mia collega d'università, che ora insegna all'università di Cagliari. E' stata un'esperienza molto formativa per me. La Paba era molto precisa, rigorosa ed esigente e io non volevo essere da meno. Si era instaurata fra noi una specie di competizione che ha favorito, in quel caso, la qualità. Negli anni, poi, il mio metodo si è forse meglio definito, ma una certa pignoleria e precisione hanno sempre caratterizzato la mia sfera professionale, solo quella però. Senza rigore, d'altronde, non si può aspirare alla ricerca della verità. Il fatto che io ami la storia in generale e gli approfondimenti psicologici in particolare, ha contribuito, poi, ad aiutarmi nella ricostruzione di quel periodo.
Il tema da cui prende l’avvio “Cicatrici nascoste” è quello che oggi viene definito stalking. Nella realtà del romanzo la narrazione si interrompe intorno agli anni ’70 e il protagonista si congeda dal lettore lasciandogli l’impressione che le cose non siano poi così cambiate rispetto all’epoca in cui si svolge il processo al persecutore di Rosa Tropea. Attualmente si ha addirittura il senso di una recrudescenza di questo fenomeno. È così, o c’è solo una maggiore attenzione dei media e sensibilità sociale al riguardo? Qual è la tua opinione in proposito?
Io credo che le cose, rispetto a questo argomento, siano migliorate, anche se non abbastanza a mio avviso e il fatto di pedofilia finale del romanzo è lì a denunciare quest'aspetto. Una migliore sensibilità sociale e una maggiore attenzione dei media danno l'impressione che le cose siano peggiorate, ma si tratta di una impressione errata: una volta la vittima, nella maggior parte dei casi, soprattutto in famiglia, non aveva neanche la possibilità di arrivare alla denuncia.
Condividi con noi le sensazioni e l’emozione di un riconoscimento prestigioso quale il premio di “Miglior esordiente 2011”?
Questo premio è arrivato all'improvviso: non me l'aspettavo minimamente. E' il mio editore Carlo Santi che ha inviato “Cicatrici nascoste” al concorso e gliene sono grato. Quando mi hanno telefonato per annunciarmi che avevo vinto, pensavo fosse uno scherzo di qualche amico, poi mi hanno passato l'organizzatore e ho cominciato a crederci e mi sono emozionato. La cosa si è ripetuta sul palco dell'auditorium di Messina, quando ho ritirato il premio. Ora lo considero come un riconoscimento importante della mia nuova carriera, quella di scrittore, come punto di partenza e spero trampolino di lancio per altre gratificazioni letterarie.
Una curiosità tutta personale, ispirata dal fatto che sei una persona così eclettica e interessante; di cosa hai discusso nella tua Tesi di Laurea?
Mi sono laureato a Ca' Foscari in Lingue e letterature straniere (francese/spagnolo). Siccome venivo dal Canada francese (Québec), dove avevo trascorso i precedenti otto anni della mia vita, avevo ritenuto opportuno sfruttare le mie conoscenze a tal proposito. Così la mia tesi, scritta in francese, riguardava problemi di letteratura comparata e problemi di traduzione. Ho scelto un autore del nuovo teatro del Québec, Jean Barbeau, cercando similitudini e differenze con la produzione italiana di Dario Fo, a cui si è ispirato in alcune sue opere. Poi ho tradotto in italiano un'opera comica di Barbeau, dissertando infine sui problemi linguistici di traduzione affrontati: come tradurre stili e livelli linguistici diversi, rapporto lingua /dialetto, ecc. Nell'opera di Barbeau, infatti, c'è un personaggio che parla il buon francese, altri che parlano il “québécois “(francese della buona borghesia di Montréal e Québec), altri il “joual” (dialetto delle campagne), un altro vuole parlare il buon francese ma non ci riesce, facendo grossolani errori di grammatica, poi c'è uno straniero che parla correttamente il francese (dal punto di vista grammaticale), pur facendo errori di fonetica...
Navigando nel web, ho letto che Eco e la Yourcenar sono i tuoi modelli letterari. Quali caratteristiche e tratti di questi due autori li portano a essere i tuoi prediletti?
Io amo la storia e i romanzi storici. Umberto Eco e la Yourcenar ne hanno scritto due che ho adorato: “Il nome della rosa” e “Le memorie di Adriano”, due veri capolavori. Se un libro ha almeno una pagina che mi piace, che mi sorprende, davanti alla quale io possa dire : “l'avrei voluta scrivere io!”, quel libro, per me, val la pena di essere letto. I due libri di cui parliamo hanno decine e decine di queste pagine. Al centro della loro narrazione c'è la parola, la frase, la scrittura su cui lavorano. Una scrittura che, come quella poetica, è densa di significati, stratificata, dove le parole, come le cellule nervose, corrispondono fra loro, grazie a sinapsi immaginarie che il lettore può, o meno, connettere a seconda della sua cultura o predisposizione. Ce n'è per tutti. Chi si limita alla trama superficiale, chi riesce a gustare anche quelle più profonde. In queste due opere, seppur abbastanza diverse, sia Eco sia la Yourcenar, spaziano ben oltre la storia o la poesia, attingendo soprattutto ai linguaggi della filosofia e della psicologia. “Se vuoi fare lo scalatore, è meglio che tu guardi la cima della montagna, poi se non ce la fai, arriverai dove puoi.” Questa è una massima che mi sono inventato, per stimolarmi a guardare sempre modelli alti.
Oltre alla promozione di “Cicatrici nascoste” in cosa sei impegnato al momento? Qualche progetto in corso d’opera?
Dieci anni fa avevo cominciato a scrivere, come semplice passatempo, un romanzo storico con una mia amica (“Lo scrittoio antico”), ambientato nel 400 e ai giorni nostri. Io scrivevo la parte antica e lei quella moderna. La mia amica ha scritto bellissime pagine finché si è separata dal marito, a quel punto ha smesso di scrivere. Io l'ho aspettata per anni. Nel frattempo ho prodotto “Cicatrici nascoste”. Ultimamente le ho chiesto se avesse terminato la sua parte, ma lei mi ha detto di no, che la sua vena poetica si era “sgonfiata”. Così ho ripreso il suo testo, l'ho riscritto nel mio stile e ho cambiato il titolo (AAA. Vendo scrittoio antico). Conoscendo bene la lentezza che mi contraddistingue, il romanzo non sarà completato prima di qualche mese.
Perché il primo romanzo, solo dopo i 60 anni?
Io sono abituato a fare una cosa alla volta. La mia mente non è “multitasking”. Finché ho insegnato, mi sono limitato a leggere; la lettura è meno impegnativa della scrittura. Una volta in pensione, mi sono dedicato all'hobby del restauro, continuando però a leggere per rilassarmi. Dopo aver letto tante storie, scritte da altri, mi è venuta voglia di incominciare a scrivere le mie. “Cicatrici nascoste” ha chiuso la parentesi del restauro. Ora ho aperto quella della scrittura e non ho nessuna intenzione di chiuderla: mi hanno detto che la lettura allunga la vita!
Braviautori saluta calorosamente Antonio Paganelli rinnovandogli i complimenti del portale per il suo ottimo romanzo, “Cicatrici nascoste”. Grazie Antonio per il tuo tempo e la tua attenzione!
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